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Vaticano
Venerdì 13 novembre: la giornata del Papa
(a cura Redazione "Il sismografo") 
*** Udienze, nomine e Lettere Credenziali 
***  Udienza ai partecipanti alla Conferenza promossa dalla “Fondazione Romano Guardini”. Discorso del Santo Padre
“Così potremmo forse riconoscere che Dio, nella Sua sapienza, ha inviato a noi, nell’Europa ricca, l’affamato perché gli diamo da mangiare, l’assetato perché gli diamo da bere, il forestiero perché lo accogliamo, e l’ignudo perché lo vestiamo. La storia poi lo dimostrerà: se siamo un popolo, certamente lo accoglieremo come un nostro fratello; se siamo solamente un gruppo di individui più o meno organizzati, saremo tentati di salvare innanzitutto la nostra pelle, ma non avremo continuità”.
Signore e Signori, cari amici,
sono molto lieto di poter salutare voi membri della Fondazione Romano Guardini, venuti a Roma per partecipare al convegno promosso dall’Università Gregoriana in occasione del 130° anniversario della nascita di Guardini. Ringrazio il Prof. von Pufendorf per le gentili parole di saluto, e per aver annunciato l’imminente pubblicazione di un testo inedito. Sono convinto che Guardini sia un pensatore che ha molto da dire agli uomini del nostro tempo, e non solo ai cristiani. Con la vostra Fondazione voi state realizzando questo progetto, facendo entrare il pensiero di Guardini in un dialogo polifonico con gli ambiti della politica, della cultura e della scienza di oggigiorno. Auspico vivamente che questo impegno abbia buon successo.
(Testo)
*** Messa a Santa Marta: omelia del Santo Padre
«Non cadere mai nell’idolatria delle immanenze e nell’idolatria delle abitudini» e puntare invece «sempre oltre: dall’immanenza guardare la trascendenza e dalle abitudini guardare l’abitudine finale, che sarà la contemplazione della gloria di Dio». Con la certezza che se «la vita è bella, anche il tramonto sarà tanto bello». Ecco le raccomandazioni, per non cadere nelle due idolatrie, suggerite dal Papa nella messa celebrata, venerdì mattina 13 novembre, nella cappella della Casa Santa Marta.
Francesco ha preso le mosse dal salmo 18, proposto dalla liturgia. In quella preghiera, ha detto, «abbiamo ripetuto: “I cieli narrano la gloria di Dio”: la sua gloria, la sua bellezza, l’unica bellezza che rimane per sempre».
Invece «le due letture — sia quella del libro della Sapienza (13, 1-9), sia quella del Vangelo (Luca 17, 26-37) — ci parlano di glorie umane, anzi di idolatrie». In particolare, ha fatto notare il Papa, «la prima lettura parla della bellezza della creazione: è bella! Dio ha fatto cose belle!». Ma subito «sottolinea l’errore, lo sbaglio di quella gente che, in queste cose belle, non è stata capace di guardare al di là e cioè alla trascendenza». Sì, certamente sono cose «belle in se stesse, hanno la loro autonomia di bellezza in questo caso», ma quegli uomini «non hanno riconosciuto che questa bellezza è un segno di un’altra bellezza più grande che ci aspetta». Proprio «quella bellezza» a cui si riferisce il salmo 18: «I cieli narrano la gloria di Dio». È «la bellezza di Dio».
Invece, si legge nel libro della Sapienza, questi uomini «affascinati» dalla bellezza delle «cose create da Dio hanno finito per prenderli per «dèi». È proprio «l’idolatria dell’immanenza». In pratica hanno pensato che «queste cose sono senza oltre e sono tanto belle che sono dèi», appunto. Ma così «si sono attaccati a questa idolatria; sono colpiti da stupore per la loro potenza ed energia». Senza pensare, invece, a «quanto è superiore il loro sovrano, perché li ha creati Colui che è principio e autore della bellezza».
- “Si sono attaccati a questa idolatria; sono colpiti da stupore per la loro potenza ed energia. Non hanno pensato quanto è superiore il loro sovrano, perché li ha creati Colui che è principio e autore della bellezza. E’ una idolatria guardare le bellezze – tante – senza pensare che ci sarà un tramonto. Anche il tramonto ha la sua bellezza… E questa idolatria di essere attaccati alle bellezze di qua, senza la trascendenza, noi tutti abbiamo il pericolo di averla. E’ l’idolatria dell’immanenza. Crediamo che le cose come sono, sono quasi dei, non finiranno mai. Dimentichiamo il tramonto”.
- “Tutto è abituale. La vita è così: viviamo così, senza pensare al tramonto di questo modo di vivere. Anche questa è una idolatria: essere attaccato alle abitudini, senza pensare che questo finirà. E la Chiesa ci fa guardare al fine di queste cose. Anche le abitudini possono essere pensate come dei. L’idolatria? La vita è così, andiamo così avanti… E così come la bellezza finirà in un’altra bellezza, l’abitudine nostra finirà in un’eternità, in un’altra abitudine. Ma c’è Dio!”.
- “Noi – i credenti – non siamo gente che torna indietro, che cede, ma gente che va sempre avanti”. Andare sempre avanti in questa vita, guardando le bellezze e con le abitudini che abbiamo tutti noi, ma senza divinizzarle. Finiranno… Siano queste piccole bellezze, che riflettono la grande bellezza, le nostre abitudini per sopravvivere nel canto eterno, nella contemplazione della gloria di Dio”.

(Servizio)