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Vaticano
Quell'auspicio per una Chiesa italiana «inquieta»
Corriere della Sera
(Luigi Accattoli) «Mi piace una Chiesa italiana inquieta» ha detto ieri Francesco in Santa Maria del Fiore: voleva dire «in ricerca», che si interroga, insoddisfatta dell'esistente. Quel «mi piace» va letto: mi piacerebbe. Sappiamo da altre sue uscite che la Chiesa italiana non gli sembra abbastanza mossa. Ma va anche detto che «inquietudine» è una delle parole più amate da Bergoglio, una parola simbolo.
Il riferimento chiave è a un'invocazione di Agostino di Ippona: «Signore, il nostro cuore è inquieto fino a quando non riposa in te». «Finché quell'inquietudine continuerà a esistere, esisterà la religione» ha scritto una volta da cardinale, dimostrandosi sereno sulla sorte della fede: «Può darsi che ci sia meno gente nelle chiese, ma l'inquietudine religiosa non si è spenta» (Il Cielo e la terra, Mondadori 2013, p. 200 e 209). In occasioni diverse, da Papa, ha esortato a «suscitare e a mantenere vive» le inquietudini del cuore; e a «curarle sempre», deplorando i consacrati che si «accomodano» nella vita religiosa. Ed è verosimile che la Chiesa italiana gli sembri più accomodata che inquieta. Una volta ha affermato che un credente dev'essere «sempre inquieto» e solo così potrà raggiungere «la pace dell' inquietudine», che è uno splendido ossimoro. «Senza inquietudine siamo sterili» ha sentenziato il 3 gennaio 2014. Il 16 maggio 2013 aveva invitato a «dare fastidio alle cose che sono troppo tranquille nella Chiesa», aggiungendo che «oggi abbiamo tanto bisogno di questo». Non c'è dubbio: ieri ha voluto inquietare la Chiesa italiana.