Vaticano
Repubblica
(Corrado Zunino) Dice il promotore di giustizia della Città del Vaticano che monsignor Angel Lucio Vallejo Balda aveva saldato con la "pierre" Francesca Immacolata Chaouqui «un sodalizio criminale organizzato», sodalizio che trovava nel segretario del monsignore , Nicola Maio, l' esecutore. Dice ancora il promotore di giustizia, rinviando a giudizio i due religiosi, la faccendiera laica e i due giornalisti che hanno pubblicato i già best seller "Via Crucis" e "Avarizia", che «il gruppo operativo», la squadra, citando la stessa Chaouqui, era «una vera e propria "monade"» all'interno della prefettura per gli Affari economici finalizzata «a procurarsi illegittimamente e poi divulgare notizie e documenti concernenti interessi fondamentali della Santa Sede».
L' accordo «in concorso» avrebbe funzionato da marzo 2013 a novembre 2015. Nelle undici pagine del decreto di citazione ora si scoprono le ragioni - e le prove - che hanno portato i promotori di giustizia vaticana Gian Piero Milano e Roberto Zannotti ad arrestare il 31 ottobre e il primo novembre prima la Chaouqui e poi monsignor Balda, rilasciando la prima, incinta, per la sua collaborazione e trattenendo per ventuno giorni il secondo. L'inchiesta era approdata ai pm vaticani 48 ore prima soltanto mentre le indagini del Corpo della gendarmeria «erano in corso da tempo». Il primo interrogatorio di Balda si era consumato lo scorso 9 ottobre: al segretario della Prefettura degli Affari economici e della Commissione di studio sulle attività economiche e amministrative, la Cosea che aveva provato a rimettere a posto i conti disastrati del Vaticano, furono chieste informazioni sul furto di settembre 2015 proprio in prefettura (ve ne era stato uno, con l' asportazione di un armadio blindato, già il 30 marzo 2014). L' interrogatorio per il monsignore dell'Opus Dei si era messo subito male, tanto più che il suo cellulare e il personal computer - sequestrati - avevano rivelato una fitta corrispondenza con il giornalista Gianluigi Nuzzi, già autore di due libri d' inchiesta sul Vaticano.
LE SOFFIATE VIA WHATSAPP. Vallejo Balda aveva passato a Nuzzi e non solo, perlopiù via Whatsapp, una lettera indirizzata al papa sub secreto pontificio e poi un documento di cinque pagine della Cosea - commissione nella quale Balda era l'unico membro religioso voluto lì, nel 2003, proprio da Francesco - contenente 87 password: consentivano di navigare tra i materiali della commissione. Ancora, Balda aveva girato una lettera di monsignor Fernando Alzaga al cardinale George Pell, il vero obiettivo - si scoprirà poi - di monsignor Balda, che lo accusava di voler decidere in solitudine e, nella sostanza, di non voler riformare nulla. Tra l' altro, Balda, subito candidato dal papa a diventare vice di Pell, successivamente non era stato promosso. Negli interrogatori (se ne citano tre) monsignor Balda si contraddice, minimizza, dice che sospettava che la Chaouqui avesse la password della sua casella di posta elettronica (il marito della "pierre" è un tecnico informatico, ma l' uomo è rimasto fuori dall' indagine vaticana). Il segretario della prefettura ha sostenuto ancora di essere stato messo sotto pressione e minacciato sia dalla donna che dai giornalisti: «Mi sentivo compromesso per situazioni personali».
LA FALSA MISSIVA DELLO IOR. Quando è toccato alla Chaouqui raggiungere la Gendarmeria (quattro gli interrogatori), la donna ha ammesso di aver passato a Nuzzi un documento che attestava l' intenzione del Vaticano di aprire un fondo sovrano in Lussemburgo per attività finanziarie dello Ior, operazione in realtà mai realizzata. Quindi ha assicurato che era stato Balda a consegnarle autonomamente password e username. La Chaouqui, si legge nelle pagine dell' atto, ha avuto una forte influenza su Balda. I due - ci sono tre testimonianze - si chiudevano ore nelle stanze del monsignore e, ancora, la donna gli propose di trascrivere su carta intestata Ior il testo di una lettera retrodatandola al 30 settembre 2014: Monte dei Paschi di Siena aveva aperto quattro conti all' istituto vaticano e, per cautelare la banca da indagini della magistratura italiana, si era reso necessario trasferire quei fondi all' Apsa. Per i promotori di giustizia i tre corvi, dopo una frattura con il gruppo guidato da Bell, «si erano prefissati l' obiettivo di raccogliere il maggior quantitativo possibile di materiale documentale per divulgarlo all' esterno». Maio mostrerà documenti riservati trasferiti alla Casa di Santa Marta, il palazzo dove vi è anche la residenza del Papa. Con i tre spesso si appartava monsignor Alfredo Abbondi, ma la Gendarmeria non ha trovato prove della sua collusione. Balta e Chaouqui si sono difesi così: «Volevamo realizzare la vera volontà del Papa». Avrebbero voluto una commissione Cosea riformatrice e, di fronte all' impossibilità di far emergere sprechi e lussi, avrebbero scelto di far uscire le carte «per aiutare il Papa». Il passaggio delle carte è stato notevole verso Nuzzi e, in maniera più limitata, verso Fittipaldi.
(Corrado Zunino) Dice il promotore di giustizia della Città del Vaticano che monsignor Angel Lucio Vallejo Balda aveva saldato con la "pierre" Francesca Immacolata Chaouqui «un sodalizio criminale organizzato», sodalizio che trovava nel segretario del monsignore , Nicola Maio, l' esecutore. Dice ancora il promotore di giustizia, rinviando a giudizio i due religiosi, la faccendiera laica e i due giornalisti che hanno pubblicato i già best seller "Via Crucis" e "Avarizia", che «il gruppo operativo», la squadra, citando la stessa Chaouqui, era «una vera e propria "monade"» all'interno della prefettura per gli Affari economici finalizzata «a procurarsi illegittimamente e poi divulgare notizie e documenti concernenti interessi fondamentali della Santa Sede».
L' accordo «in concorso» avrebbe funzionato da marzo 2013 a novembre 2015. Nelle undici pagine del decreto di citazione ora si scoprono le ragioni - e le prove - che hanno portato i promotori di giustizia vaticana Gian Piero Milano e Roberto Zannotti ad arrestare il 31 ottobre e il primo novembre prima la Chaouqui e poi monsignor Balda, rilasciando la prima, incinta, per la sua collaborazione e trattenendo per ventuno giorni il secondo. L'inchiesta era approdata ai pm vaticani 48 ore prima soltanto mentre le indagini del Corpo della gendarmeria «erano in corso da tempo». Il primo interrogatorio di Balda si era consumato lo scorso 9 ottobre: al segretario della Prefettura degli Affari economici e della Commissione di studio sulle attività economiche e amministrative, la Cosea che aveva provato a rimettere a posto i conti disastrati del Vaticano, furono chieste informazioni sul furto di settembre 2015 proprio in prefettura (ve ne era stato uno, con l' asportazione di un armadio blindato, già il 30 marzo 2014). L' interrogatorio per il monsignore dell'Opus Dei si era messo subito male, tanto più che il suo cellulare e il personal computer - sequestrati - avevano rivelato una fitta corrispondenza con il giornalista Gianluigi Nuzzi, già autore di due libri d' inchiesta sul Vaticano.
LE SOFFIATE VIA WHATSAPP. Vallejo Balda aveva passato a Nuzzi e non solo, perlopiù via Whatsapp, una lettera indirizzata al papa sub secreto pontificio e poi un documento di cinque pagine della Cosea - commissione nella quale Balda era l'unico membro religioso voluto lì, nel 2003, proprio da Francesco - contenente 87 password: consentivano di navigare tra i materiali della commissione. Ancora, Balda aveva girato una lettera di monsignor Fernando Alzaga al cardinale George Pell, il vero obiettivo - si scoprirà poi - di monsignor Balda, che lo accusava di voler decidere in solitudine e, nella sostanza, di non voler riformare nulla. Tra l' altro, Balda, subito candidato dal papa a diventare vice di Pell, successivamente non era stato promosso. Negli interrogatori (se ne citano tre) monsignor Balda si contraddice, minimizza, dice che sospettava che la Chaouqui avesse la password della sua casella di posta elettronica (il marito della "pierre" è un tecnico informatico, ma l' uomo è rimasto fuori dall' indagine vaticana). Il segretario della prefettura ha sostenuto ancora di essere stato messo sotto pressione e minacciato sia dalla donna che dai giornalisti: «Mi sentivo compromesso per situazioni personali».
LA FALSA MISSIVA DELLO IOR. Quando è toccato alla Chaouqui raggiungere la Gendarmeria (quattro gli interrogatori), la donna ha ammesso di aver passato a Nuzzi un documento che attestava l' intenzione del Vaticano di aprire un fondo sovrano in Lussemburgo per attività finanziarie dello Ior, operazione in realtà mai realizzata. Quindi ha assicurato che era stato Balda a consegnarle autonomamente password e username. La Chaouqui, si legge nelle pagine dell' atto, ha avuto una forte influenza su Balda. I due - ci sono tre testimonianze - si chiudevano ore nelle stanze del monsignore e, ancora, la donna gli propose di trascrivere su carta intestata Ior il testo di una lettera retrodatandola al 30 settembre 2014: Monte dei Paschi di Siena aveva aperto quattro conti all' istituto vaticano e, per cautelare la banca da indagini della magistratura italiana, si era reso necessario trasferire quei fondi all' Apsa. Per i promotori di giustizia i tre corvi, dopo una frattura con il gruppo guidato da Bell, «si erano prefissati l' obiettivo di raccogliere il maggior quantitativo possibile di materiale documentale per divulgarlo all' esterno». Maio mostrerà documenti riservati trasferiti alla Casa di Santa Marta, il palazzo dove vi è anche la residenza del Papa. Con i tre spesso si appartava monsignor Alfredo Abbondi, ma la Gendarmeria non ha trovato prove della sua collusione. Balta e Chaouqui si sono difesi così: «Volevamo realizzare la vera volontà del Papa». Avrebbero voluto una commissione Cosea riformatrice e, di fronte all' impossibilità di far emergere sprechi e lussi, avrebbero scelto di far uscire le carte «per aiutare il Papa». Il passaggio delle carte è stato notevole verso Nuzzi e, in maniera più limitata, verso Fittipaldi.