Vaticano
Nessun scarto è mai perduto
Avvenire
Nessun scarto è mai perduto
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(Vicenso Bertolone) Nell' ambito della civiltà occidentale gli 'scartati' sono i neri, i gay, gli immigrati e tutti coloro che a volte la letteratura inglese ha chiamato i 'malnati'. Ma sono anche gli asceti, i mistici e i veggenti. Forse proprio i nati sotto la cattiva stella sono l' occasione formidabile perché altri scartati possano profetizzare indicando un altro volto di Dio, quello di Chi ama visceralmente, come un padre o come una madre.
Quello di chi, pur essendo «colui del quale non è possibile pensarne uno maggiore», presenta il suo volto umile, quasi per contrariam speciem, generando - ci è stato detto da papa Francesco - una Chiesa italiana inquieta. Inquieta dell' inquietudine di chi non ripone la sua fiducia soltanto nei mezzi umani, né crede che la scommessa del cristianesimo stia nel ragionamento astratto che perde la tenerezza che proviene dal contatto con il fratello. Nuove eresie da evitare, il pelagianesimo e lo gnosticismo, che ci fanno allontanare dalla realtà. Nel dramma umoristico Il giardino dei ciliegi, di Anton Cechov, la vedova protagonista, che ha dilapidato il suo patrimonio a Parigi, deve decidere se mettere all' asta tutto, anche quel giardino dei ciliegi emblema della decadenza della Russia zarista, un mondo che finisce e non riesce più a progettarsi. Nell' ultima scena mentre Lijuba - la protagonista - ritorna in Francia, un vecchio servo sente i primi colpi della distruzione del giardino. La persona scartata non sempre ricerca l' aiuto da chi la potrebbe salvare. Anche la decadente Ljuba non si accorge della fine dei ciliegi. Nulla da fare, allora? Quale strategia teorica escogitare? Proprio questa è la sorpresa di Dio: lo scarto non è mai perduto, l' essere umano non è mai vano. E il nuovo non sempre viene dalle teorie. Ecce homo: Ecco il volto del giudice che, come ha detto il Papa ai 2.550 delegati di Firenze, non prende i segni del giudizio, bensì quelli della passione. Segni umili e di scarto, segni di sofferenza e di morte. Magari scoprendo che, piuttosto che parlare, occorre fare. Sorretti da pastori che stanno in mezzo al gregge come in una metro affollata. Reggono perché sono sorretti. L' ultima scena, quella del giudizio finale, evocata a Firenze dal Santo Padre, prima che giudizio, diviene indicazione di percorso. Un' inquietudine che non aspetta i colpi di accetta di chi distrugge il giardino, ma s' inquieta di santa inquietudine. Per l' Altro. Per gli altri.
Quello di chi, pur essendo «colui del quale non è possibile pensarne uno maggiore», presenta il suo volto umile, quasi per contrariam speciem, generando - ci è stato detto da papa Francesco - una Chiesa italiana inquieta. Inquieta dell' inquietudine di chi non ripone la sua fiducia soltanto nei mezzi umani, né crede che la scommessa del cristianesimo stia nel ragionamento astratto che perde la tenerezza che proviene dal contatto con il fratello. Nuove eresie da evitare, il pelagianesimo e lo gnosticismo, che ci fanno allontanare dalla realtà. Nel dramma umoristico Il giardino dei ciliegi, di Anton Cechov, la vedova protagonista, che ha dilapidato il suo patrimonio a Parigi, deve decidere se mettere all' asta tutto, anche quel giardino dei ciliegi emblema della decadenza della Russia zarista, un mondo che finisce e non riesce più a progettarsi. Nell' ultima scena mentre Lijuba - la protagonista - ritorna in Francia, un vecchio servo sente i primi colpi della distruzione del giardino. La persona scartata non sempre ricerca l' aiuto da chi la potrebbe salvare. Anche la decadente Ljuba non si accorge della fine dei ciliegi. Nulla da fare, allora? Quale strategia teorica escogitare? Proprio questa è la sorpresa di Dio: lo scarto non è mai perduto, l' essere umano non è mai vano. E il nuovo non sempre viene dalle teorie. Ecce homo: Ecco il volto del giudice che, come ha detto il Papa ai 2.550 delegati di Firenze, non prende i segni del giudizio, bensì quelli della passione. Segni umili e di scarto, segni di sofferenza e di morte. Magari scoprendo che, piuttosto che parlare, occorre fare. Sorretti da pastori che stanno in mezzo al gregge come in una metro affollata. Reggono perché sono sorretti. L' ultima scena, quella del giudizio finale, evocata a Firenze dal Santo Padre, prima che giudizio, diviene indicazione di percorso. Un' inquietudine che non aspetta i colpi di accetta di chi distrugge il giardino, ma s' inquieta di santa inquietudine. Per l' Altro. Per gli altri.