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Vaticano
La cura. Sfide aperte dall’enciclica «Laudato si’»
L'Osservatore Romano
(Herbert Schambeck) «Tutti possiamo collaborare come strumenti di Dio per la cura della creazione, ognuno con la propria cultura ed esperienza, le proprie iniziative e capacità», ha spiegato Papa Francesco nella sua enciclica Laudato si’ sulla cura della casa comune, rimandando anche al mistero dell’universo. «Per la tradizione giudeo-cristiana, dire “creazione” è più che dire natura, perché ha a che vedere con un progetto dell’amore di Dio, dove ogni creatura ha un valore e un significato». In particolare il Papa ha evidenziato la «responsabilità dell’essere umano, che è parte del mondo con il compito di coltivare le proprie capacità per proteggerlo e svilupparne le potenzialità».
Nell’uomo si coniugano la responsabilità individuale e quella sociale. Poiché avere una responsabilità esige che si diano delle risposte, in questa responsabilità verso il creato l’uomo ha l’obbligo di agire e di fare.
Questa creazione è minacciata dall’inquinamento, dai rifiuti e dalla cultura dello scarto, «che colpiscono quotidianamente le persone». Papa Francesco osserva che l’«ambiente umano e l’ambiente naturale si degradano insieme» e «hanno attinenza con il degrado umano e sociale». Questo sviluppo percepibile minaccia la dignità della persona, fondata sull’immagine e somiglianza di Dio di ogni uomo. A tale proposito, Benedetto XVI nell’omelia durante la messa per l’inizio del ministero petrino (24 aprile 2005) ha spiegato: «Ciascuno di noi è il frutto di un pensiero di Dio. Ciascuno di noi è voluto, ciascuno è amato, ciascuno è necessario».
Facendo riferimento ai racconti della creazione nel libro della Genesi, Francesco fa notare che «l’esistenza umana si basa su tre relazioni fondamentali strettamente connesse: la relazione con Dio, quella con il prossimo e quella con la terra». Da questa prospettiva, la protezione della creazione divina impone la protezione dell’ambiente, per cui occorrono «un’analisi del funzionamento della società, della sua economia, del suo comportamento, dei suoi modi di comprendere la realtà», nonché una «educazione alla responsabilità ambientale», e ciò nella consapevolezza «che Dio ha creato il mondo inscrivendo in esso un ordine e un dinamismo che l’essere umano non ha il diritto di ignorare» e che ha bisogno di una «cultura della cura», alla quale può condurre lo Stato con il suo ordinamento giuridico. Lo Stato è l’ente di governo posto al di sopra dell’individuo e della società, che esercita una funzione massima. Tale funzione viene svolta attraverso i tre poteri dello Stato, vale a dire legislativo, giudiziario ed esecutivo, sulla base della costituzione, che ne forma l’ordinamento fondamentale.
Accanto all’esercizio del potere dello Stato nelle tre funzioni, le norme costituzionali definiscono il rapporto tra esso e l’individuo nei diritti fondamentali e talvolta indicano anche i fini dello Stato; nello Stato costituzionale democratico moderno tali fini sono, conformemente al rispettivo diritto costituzionale, quello giuridico e autoritativo, nonché quello culturale e assistenziale. Nella loro molteplice applicazione, esse sono volte a costituire e a mantenere la quiete, l’ordine e la sicurezza, il progresso culturale, la crescita economica e la sicurezza sociale.
Se in passato lo Stato era caratterizzato da una struttura gerarchica dell’autorità e della subalternità, ora lo sviluppo lo ha portato a un’organizzazione più partenariale. A questa possono contribuire istituti rappresentativi e plebiscitari come la formazione della volontà parlamentare, i referendum, le iniziative popolari e le consultazioni popolari. Attraverso tali istituzioni e possibilità, lo Stato, la società e gli individui assumono una responsabilità sociale. Questa può portare al coordinamento o al confronto. Le condizioni ambientali, che in questi decenni sono peggiorate, portano a questo. L’individuo non solo anela alla quiete, all’ordine e alla sicurezza, ma li vuole anche vivere in modo sano. La tutela dell’ambiente si pone così allo Stato come un mandato per il suo ordinamento giuridico, poiché l’ambiente, e quindi l’esistenza dell’individuo, sono stati messi in pericolo dallo sviluppo tecnologico.
Le esigenze di sicurezza e di tutela dell’individuo vanno contro la minaccia ambientale, soprattutto l’inquinamento acustico, quello dell’aria e quello dell’acqua. Qua e là, in passato, questa richiesta di un ambiente sano è già stata avanzata. Ormai, però, è diventata un grido di massa della società industriale tecnicizzata, poiché la minaccia alle sue condizioni ambientali non è più solo un’eccezione, ma avviene regolarmente.
Di fatto, purtroppo, si può dire che il pericolo ambientale è diventato una cosa talmente ovvia — come un veleno con il quale si convive — da costituire ormai la normalità e poter essere tipizzato. Questa tipizzazione è un presupposto importante per una tutela ambientale efficace attraverso il diritto positivo, poiché il diritto positivo può tradurre in norma solo ciò che, presentandosi con generale frequenza, può essere tipizzato. In questo modo, anche la normalità della situazione è un presupposto per la normatività giuspositivistica.
Tale sviluppo chiede al pensiero giuridico di conoscere problemi finora sconosciuti e di affrontare nuove dimensioni. Si tratta di una nuova comprensione della tecnica come fattore reale del diritto. In questo si scontrano le contraddizioni: se la tecnica è determinata dalla dinamica della sua mutevolezza, il diritto è determinato dalla staticità della sicurezza alla quale mira. Il diritto è storico, la tecnica è astorica. Nella tecnica, il fine detta e legittima i mezzi, mentre nel diritto si parte dal presupposto che il fine debba rispettare ciò che è consentito. La tecnica identifica la capacità e la liceità, il diritto le distingue. Diritto e tecnica hanno però una cosa in comune: l’uomo come loro oggetto e soggetto.
Ci siamo resi conto che l’individuo viene sfiorato per così dire tangenzialmente dalla tecnica e dal diritto solo quando la libertà dello sviluppo tecnico ha minacciato la libertà di sviluppo della personalità, e in tal modo, in quanto questione di ordine, è diventato un problema riguardante l’ordinamento giuridico, giacché la tutela dell’ambiente viene riconosciuta come un presupposto per la sopravvivenza biologica dell’uomo. L’individuo rende quindi lo Stato responsabile anche della tutela del suo ambiente; aspira a un diritto fondamentale a una vita sana.
I diritti fondamentali come pretese dell’individuo nei confronti dello Stato sono nati con il suo sviluppo delle costituzioni democratiche; insieme alla divisione delle competenze per l’esercizio del potere statale, essi fanno parte della costituzione classica in senso materiale, alla quale — unitamente alle molteplici funzioni dello Stato — talvolta si aggiunge anche l’indicazione degli obiettivi e dei fini statali. Nella misura in cui questi contenuti della costituzione sono recepiti in senso materiale anche nel diritto costituzionale, c’è un’identità della costituzione in senso materiale e formale.
Come diritti fondamentali liberali o diritti di libertà, i diritti fondamentali sono orientati a una libertà dallo Stato, soprattutto all’uguaglianza dinanzi alla legge, alla libertà della persona, la libertà di proprietà, di fede e di coscienza, la libertà della scienza e del suo insegnamento, la libertà di stampa, la liberalità e la libertà nell’attività lavorativa. Come diritti fondamentali democratici o politici, includono la libertà di associazione e di riunione, il diritto di petizione e il diritto elettorale; mirano a ottenere una libertà attraverso lo Stato.
Se si esaminano i diritti fondamentali in questa loro forma classica, essi esprimono in prevalenza una negazione della competenza statale e sono diritti di difesa contro lo Stato. Con lo sviluppo delle esigenze dell’individuo e degli interessi organizzati della società, il cerchio dei diritti fondamentali si è allargato. Ai diritti fondamentali classici, ovvero liberali e politici, si sono aggiunti i cosiddetti diritti fondamentali sociali. Tendono all’azione dello Stato e mirano a una libertà per mezzo dello Stato. Come esempi di tali diritti sociali si possono citare: il diritto al lavoro, a condizioni lavorative sicure, giuste e sane, a un compenso equo, a trattative collettive, il diritto dei bambini e dei giovani a essere tutelati, il diritto alla consulenza lavorativa, alla formazione professionale, alla salute, all’assistenza e alla sicurezza sociale.
Questi diritti fondamentali sociali fanno parte, accanto a quelli classici, ovvero liberali e politici, e ai diritti di giustizia, del «Trattato di Lisbona», che include anche la «Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea», la quale prevede la tutela ambientale ed esige un «livello elevato di tutela dell’ambiente e il miglioramento della sua qualità», che «devono essere integrati nelle politiche dell’Unione e garantiti conformemente al principio dello sviluppo sostenibile».
La tutela dell’ambiente come pretesa di diritto fondamentale è un diritto costituzionale esistenziale in quanto si riferisce al diritto dell’individuo a una vita sana. Questa tutela ha capacità costituzionale solo se i diritti fondamentali sono visti non soltanto come meri diritti difensivi, ma anche come obblighi positivi da parte dello Stato.
Per impedire che si metta a rischio l’ambiente, e per la necessaria tutela ambientale, occorre che nel diritto costituzionale vengano accolti, accanto ai diritti fondamentali liberali, democratici e sociali, anche questi diritti fondamentali esistenziali riguardanti la tutela della vita.
La forma giuridica nella quale questi diritti fondamentali esistenziali relativi alla tutela ambientale possono essere recepiti nel diritto costituzionale — come principio programmatico, garanzia istituzionale o direttiva organizzativa — esige un’attenta valutazione, affinché non diventi un’economia pianificata e dirigistica inaccettabile per il diritto costituzionale democratico, bensì un mandato di amministrazione sociale diretto al semplice legislatore, al cui rispetto ha diritto ogni individuo.
Questo diritto alla tutela ambientale dovrebbe essere orientato soprattutto agli ambiti principali quali il mantenere pulita l’aria, combattere l’inquinamento acustico, mantenere pura l’acqua, smaltire i rifiuti, proteggere la natura e curare il paesaggio.
Recepire la tutela dell’ambiente in un catalogo di diritti fondamentali non è affatto semplice. Sorgono difficoltà analoghe a quelle del recepimento dei diritti sociali nel catalogo dei diritti garantiti costituzionalmente. Qui, in particolare, è importante un’adeguata comprensione del diritto fondamentale. Pertanto, la tutela ambientale può essere accettata come capace di costituzionalità solo se i diritti fondamentali non vengono visti come meri diritti difensivi, ma anche come obblighi positivi per lo Stato.
Se si riconosce questa pluridimensionalità dei diritti fondamentali che accanto, alla libertà dallo Stato, nello Stato e attraverso lo Stato, mediante la protezione dell’ambiente possono essere tesi alla tutela della vita per mezzo dei diritti fondamentali esistenziali, allora lo Stato costituzionale democratico può giungere a un collegamento tra costituzionalità, legalità e umanità. Con l’opportuna coscienza ambientale, detta responsabilità per l’ambiente può essere sottoposta al legislatore dai partiti politici e da gruppi di interesse o, se ciò non avviene, attraverso l’iniziativa popolare dei cittadini. Tutte queste attività per la tutela ambientale attraverso i diritti fondamentali esistenziali presuppongono una coscienza ambientale che, partendo dall’individuo, va estesa all’opinione pubblica.
Accanto a questa responsabilità per l’ambiente occorre però riconoscere che non è facile mettere in pratica tutte le pretese e i valori degni di costituzionalità. Chi, ai nostri tempi, non ha mai sentito la necessità di un diritto fondamentale alla quiete attraverso la protezione contro il rumore, di un diritto fondamentale alla sicurezza stradale contro la mancanza di responsabilità degli utenti della strada, di un diritto fondamentale ad essere soli dinanzi all’importunità?
Per ogni caso occorre valutare esattamente quali nuove esigenze di sicurezza e pretese di ordine dell’individuo e della società sono capaci di costituzionalità.
Per rispondere a questa domanda sulla capacità e dignità di costituzionalità occorre ciò che Papa Francesco ha indicato nella Laudato si’, ovvero «riconoscere che Dio ha creato il mondo inscrivendo in esso un ordine e un dinamismo che l’essere umano non ha il diritto di ignorare». A tale riguardo, Papa Francesco si pronuncia in particolare a favore di una «cultura della cura» e di una «spiritualità della solidarietà globale». Entrambe queste cose esigono una tutela ambientale quale mandato di ordine sociale, che travalichi i confini nazionali e venga accolta nel sistema di protezione giuridica della comunità dei popoli e delle nazioni. In questo modo, la tutela ambientale può, attraverso i diritti fondamentali, contribuire alla pace nel mondo.

L'Osservatore Romano, 21 novembre 2015