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L'Oservatore Romano
Non solo cancellieri, rettori, docenti e dirigenti, ma anche ricercatori, studenti, genitori, personale amministrativo, rappresentanti di organizzazioni e associazioni del settore scolastico e universitario, in rappresentanza delle 210.000 scuole cattoliche, delle 1900 università e delle altre istituzioni, cattoliche ed ecclesiastiche, di istruzione superiore di tutto il mondo.

Tutti presenti nell’aula Paolo VI, sabato mattina, 21 novembre, per incontrare Papa Francesco a conclusione del congresso mondiale sul tema «Educare oggi e domani. Una passione che si rinnova». Un clima di festa che ha unito tutta la variegata realtà scolastica ed educativa del mondo cattolico. Che vanta numeri da record: si parla di circa 60 milioni di studenti delle scuole e delle università cattoliche e dei pontifici atenei romani.
A introdurre l’incontro è stato il cardinale Giuseppe Versaldi, prefetto della Congregazione per l’educazione cattolica, che ha spiegato come le discussioni abbiano evidenziato «una grande varietà di esperienze, secondo i nostri Paesi di origine». Questa varietà, che contribuisce alla bellezza della Chiesa, «è apparsa durante gli interventi, ma anche durante gli incontri informali che sono la ricchezza nascosta di un congresso mondiale». Nel saluto al Papa — presente durante la fase conclusiva dell’incontro — il cardinale ha poi ricordato che educare è amare. Infatti, la testimonianza dei grandi santi educatori ed educatrici «continua ad insegnarci che l’educazione è questione di cuore». Non è soltanto conoscenza, ma «è anche esperienza di relazione; è principalmente vita trasmessa, accolta e condivisa; è un modo di vicinanza propria dell’amore». Il porporato ha anche sottolineato come educare sia dialogare. A questo proposito, le scuole e le università cattoliche vogliono essere «casa aperta per accogliere tutti con la loro cultura e le loro convinzioni, per proporre educativamente a tutti un progetto che ha come centro Gesù Cristo, e per confrontarsi con i diversi saperi al fine di cercare l’unità e la verità ultima dell’uomo e del creato». Ma, ha aggiunto ancora, educare è servire. Infatti, insegnare è «servire la ricerca della verità, della bellezza, di ciò che è giusto e buono. Chi insegna esce da sé per mettersi al servizio dei giovani».
Da parte sua l’arcivescovo Angelo Vincenzo Zani, segretario del dicastero, ha sintetizzato le conclusioni del congresso. Ha ricordato che la Congregazione ha seguito molto da vicino il lavoro degli organismi internazionali, in particolare dell’Unesco, dove «si riflette sui problemi a livello mondiale e si elaborano le prospettive globali dell’educazione». Il presule ha ribadito che insieme con tutte le realtà educative cattoliche sparse nel mondo, «anche noi vogliamo concorrere a realizzare gli obiettivi dell’Unesco e degli altri organismi mondiali». Monsignor Zani ha poi annunciato che il dicastero ha stabilito una più stretta collaborazione con la scuola di alta formazione «Educare all’incontro e alla solidarietà», costituita nei mesi scorsi presso la libera università Maria Santissima Assunta (Lumsa) di Roma. Questa scuola ha tra i suoi obiettivi quello «di promuovere attività di ricerca scientifica in collaborazione con università e centri accademici specializzati di diversi Paesi».
L’arcivescovo ha anche ricordato la recente costituzione da parte di Papa Francesco della fondazione Gravissimum educationis. Uno dei principali scopi del nuovo organismo è la «promozione di ricerche, studi e pubblicazioni sul pensiero della Chiesa in ordine all’educazione e cultura cattolica a livello scolastico e universitario», nonché il «sostegno ad eventi internazionali a carattere scientifico».
Nel suo intervento, il gesuita Antonio Spadaro, direttore della «Civiltà Cattolica», ha detto che la Chiesa «è ben consapevole del fatto che l’educazione incide sul progresso», sottolineando in particolare l’importanza del progresso digitale nell’educazione e nelle sue sfide. La tecnologia, ha aggiunto, non è «un insieme di oggetti moderni e all’avanguardia. Essa è parte dell’agire con il quale l’uomo esercita la propria capacità di conoscenza, di libertà e di responsabilità». Questo pone oggi importanti sfide educative. In particolare, il gesuita ne ha indicate tre: il modo in cui pensiamo al tempo della intelligenza connettiva; l’abilità di porre domande circa il significato stesso della ricerca; l’interiorità al tempo dell’interattività.
È intervenuto anche padre Pedro Aguado, superiore generale delle Scuole pie e presidente della commissione di educazione dell’Unione dei superiori e delle superiore generali, che ha tracciato una sintesi del congresso.
Tre le domande poste al Papa, Roberto Zappalà, dirigente scolastico dell’Istituto Gonzaga di Milano, ha chiesto cosa fa sì che una istituzione sia veramente cristiana. Fratel Antonio Ojeda, docente dell’università di Malaga, facendo riferimento alla cultura dell’incontro, ha chiesto cosa significa questo per i soggetti impegnati nella promozione dell’educazione. Infine, suor Pina Del Core, preside della facoltà di Scienze dell’educazione dell’Auxilium di Roma, ha chiesto quali sfide si aprono agli educatori, ai tempi della “terza guerra mondiale a pezzi” e quale incoraggiamento offrire a tutti gli educatori che si dedicano con passione alla loro missione tanto delicata.
Tra i presenti i cardinali Grocholewski e Kovithavanij. I canti sono stati eseguiti dal coro dell’Istituto scolastico Giovanni Merlini di Viterbo e le musiche dall’orchestra sinfonica giovanile Sanitansemble, del rione Sanità di Napoli, formata da 40 elementi dai 10 ai 20 anni e da un coro di 55 adulti, diretta dal maestro Paolo Acunzo.
L'Oservatore Romano, 22 novembre 2015.