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Vaticano
Il papa e la cura del sinodo per rilanciare la chiesa
Corriere della Sera
(Alberto Melloni)  Se c’era un disegno di organizzata ostilità contro papa Francesco, questa non si è manifestata nei  miserabili reati commessi da ladri travestiti da moralizzatori in concorso con millantatori e tipografi compiacenti. Ma nel tentativo di usare questi ed altri episodi per dipingere un «Francesco Poverino» e insinuare l’idea che un Papa che si fida della communio episcoporum e della communio  ecclesiarum non sia in grado di governare una macchina oliata solo da bizantinismi e chiacchiere. E  che dunque lui e i suoi uomini di fiducia hanno bisogno di consigli, indirizzi, aiuti, guarda caso  provenienti dalle zone che hanno perso un potere che pareva eterno oltre che immenso. 
Un teorema che non minaccia il potere o la popolarità di Francesco che sono intangibili e  infrangibili, ma tenta di occultare il suo disegno di riforma della Chiesa in capite et in membris .  
Nel pre-conclave del 2013, infatti, molti avevano accusato gli «italiani» del grande disordine che  percorreva lo Ior (che al fondo è «una banchetta») e la curia (che al fondo è un villaggio): Francesco ha fatto sua questa agenda, priva di una visione ecclesiologica, e l’ha subordinata alla sua idea che  la signoria del Vangelo si affermi attraverso la riforma del Papato e la riforma della Chiesa in senso  sinodale.  
Qualcuno non glielo perdona: la pur piccola «banchetta» della Santa Sede, infatti, è ormai come il  potere temporale dopo il 1861; tutti ne prevedono la fine, nessuno ne intuisce i benefici. E dunque si usano gli umori d’una opinione pubblica ormai abituata a chiamare capi tutti quelli che disprezzano  le élite, per affermare una centralità dell’ affaire Ior che appassiona ormai solo gli ingenui, i ladri.  
Chi sognava di far arrivare a Firenze un Papa azzoppato ha provato a usarlo. Senza però alcun  successo. Francesco arriva a Firenze con una agenda solenne per la Chiesa italiana, chiamata ad una conversione sinodale.  
La sinodalità non è una democratizzazione dei processi, ma l’icona di un modo d’essere d’ogni  Chiesa come comunione delle sue comunioni: e in questo il convegno della Chiesa italiana di  Firenze al quale il Papa si rivolgerà oggi è un appuntamento decisivo per il papato.  
In questo suo primo incontro non con singoli o con l’opinione pubblica ma con le chiese in Italia il  Papa arriva dopo aver scelto alcuni vescovi importanti: Castellucci a Modena, Cipolla a Padova,  Zuppi a Bologna, Lorefice a Palermo, così come Galantino segretario generale, non sono i primi di  una filiera bergogliana, ma quelli che secondo il Papa possono ridare tenore spirituale ad una Chiesa che nei rapporti disinvolti con il potere aveva contratto malattie spirituali gravi.  
Chi pensava dunque di piantare sulla schiena del «Francesco Poverino» le banderillas di qualche  scandalo meschino per indurlo a più miti consigli dovrà rassegnarsi.  
Chi ha cercato di creare un incidente facendo circolare la chiacchiera che Renzi o i suoi congiunti  non erano invitati, per accendere l’irascibilità del Governo e scaricarla, che so, su Galantino o su  Betori, si dovrà ricredere. A Firenze il Papa viene per celebrare un atto di conversione e di riforma  della chiesa: il vescovo di Roma che sa porsi ora in mezzo al gregge, o al seguito o in testa al  gregge dietro non va solo a dare il buon esempio, ma a dire che sa dove andare, e perché e come.