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"Il Padre conosceva il rischio della libertà; sapeva che il figlio avrebbe potuto perdersi… ma forse nemmeno il Padre poteva immaginare una tale caduta, un tale abisso!"
(Luis Badilla) Da quando tempo fa Papa Francesco parlò per la prima volta di una “terza guerra mondiale fatta a pezzi” è passato più di un anno. Il 18 agosto 2014, sull'aereo che lo riportava dalla Corea del Sud, nel corso della conferenza stampa, rispondendo a una domanda di un giornalista (Yoshimori Fukushima del "Mainichi Shimbun"), il Santo Padre rispose:
«Ma tornando a queste realtà di martirio, di sofferenze, anche di queste donne (“donne comfort”): questi sono i frutti della guerra! E oggi noi siamo in un mondo in guerra, dappertutto! Qualcuno mi diceva: “Lei sa, Padre, che siamo nella Terza Guerra Mondiale, ma ‘a pezzi’?”. Ha capito?

E’ un mondo in guerra, dove si compiono queste crudeltà. Vorrei fermarmi su due parole. La prima è crudeltà. Oggi i bambini non contano! Una volta si parlava di una guerra convenzionale; oggi questo non conta. Non dico che le guerre convenzionali siano una cosa buona, no. Ma oggi arriva la bomba e ti ammazza l’innocente con il colpevole, il bambino, con la donna, con la mamma… ammazzano tutti. Ma noi dobbiamo fermarci e pensare un po’ al livello di crudeltà al quale siamo arrivati. Questo ci deve spaventare! Non lo dico per fare paura: si può fare uno studio empirico. Il livello di crudeltà dell’umanità, in questo momento, fa piuttosto spaventare. E l’altra parola sulla quale vorrei dire qualcosa, e che è in rapporto con questa, è la tortura. Oggi la tortura è uno dei mezzi quasi – direi – ordinari dei comportamenti dei servizi di intelligence, dei processi giudiziari… E la tortura è un peccato contro l’umanità, è un delitto contro l’umanità; e ai cattolici io dico: torturare una persona è peccato mortale, è peccato grave! Ma di più: è un peccato contro l’umanità. Crudeltà e tortura. Mi piacerebbe tanto, a me, che voi nei vostri media, faceste delle riflessioni: come vedete queste cose, oggi? Com’è il livello di crudeltà dell’umanità? E cosa pensate della tortura? Credo che farà bene a tutti noi, riflettere su questo.»
Nel ragionamento di Papa Francesco salta subito al primo piano della nostra attenzione la parola "crudeltà"; "crudeltà dell'umanità", parola sulla quale il Santo Padre insiste e sulla quale ha parlato in altre circostanze. Ed è questa la "terza guerra mondiale a pezzi". Sembra che il Papa abbia in mente non tanto azioni specifiche di natura soltanto bellica o militare, guerre convenzionali o asimmetriche, conflitti armati di natura diversa, quanto il degrado verso la disumanità. Usando le sue espressioni - da lui proposte il 25 settembre davanti all'Assemblea ONU - la questione riguarda sostanzialmente il "minimo assoluto", e cioè, quel confine al di sotto del quale non si deve scendere poiché si oltrepassa la barriera dell'umanità e si entra nel vortice terrificante della disumanità, dove l'essere umano si snatura ontologicamente e moralmente interponendo, per sua volontà, tra lui - così irriconoscibile - e Dio un muro invalicabile che lo stravolge ulteriormente.
I "pezzi" di questa guerra singolare sono i momenti, le azioni e i pensieri in cui l'essere umano si consegna alla crudeltà, alla crudezza, alla mancanza assoluta di sentimenti, alla ferocia e all'insensibilità, all'odio e al fanatismo ... insomma, al peggio della sua natura, e sospende ciò che ha di più umano: l'intelligenza, la volontà e l'amore.
La "terza guerra mondiale" è il degrado antropologico di chi rinuncia non solo alla propria umanità ma anche all'umanità altrui. Homo homini lupus. L'icona tragica e macabra di questo degrado oltre il confine ultimo è il kamikaze: arma di morte singolare. Si autodistrugge nella distruzione dell'altro.
Oggi occorre rileggere la Supplica di Papa Francesco allo Yad Vashem (Israele), il 26 maggio 2014, nella quale si è chiesto parlando per tutti noi:
“Adamo, dove sei?” (cfr Gen 3,9).
Dove sei, uomo? Dove sei finito?
In questo luogo, memoriale della Shoah, sentiamo risuonare questa domanda di Dio: “Adamo, dove sei?”.
In questa domanda c’è tutto il dolore del Padre che ha perso il figlio.
Il Padre conosceva il rischio della libertà; sapeva che il figlio avrebbe potuto perdersi… ma forse nemmeno il Padre poteva immaginare una tale caduta, un tale abisso!
Uomo, chi sei? Non ti riconosco più.
Chi sei, uomo? Chi sei diventato?
Di quale orrore sei stato capace?
Che cosa ti ha fatto cadere così in basso?
Non è la polvere del suolo, da cui sei tratto. La polvere del suolo è cosa buona, opera delle mie mani.
Non è l’alito di vita che ho soffiato nelle tue narici. Quel soffio viene da me, è cosa molto buona (cfr Gen 2,7).
No, questo abisso non può essere solo opera tua, delle tue mani, del tuo cuore… Chi ti ha corrotto? Chi ti ha sfigurato?
Chi ti ha contagiato la presunzione di impadronirti del bene e del male?
Chi ti ha convinto che eri dio? Non solo hai torturato e ucciso i tuoi fratelli, ma li hai offerti in sacrificio  a te stesso, perché ti sei eretto a dio. Oggi torniamo ad ascoltare qui la voce di Dio: “Adamo, dove sei?”.
Dal suolo si leva un gemito sommesso: Pietà di noi, Signore!
A te, Signore nostro Dio, la giustizia, a noi il disonore sul volto, la vergogna (cfr Bar 1,15).
Ci è venuto addosso un male quale mai era avvenuto sotto la volta del cielo (cfrBar 2,2). Ora, Signore, ascolta la nostra preghiera, ascolta la nostra supplica, salvaci per la tua misericordia. Salvaci da questa mostruosità.
Signore onnipotente, un’anima nell’angoscia grida verso di te. Ascolta, Signore, abbi pietà!
Abbiamo peccato contro di te. Tu regni per sempre (cfr Bar 3,1-2).
Ricordati di noi nella tua misericordia. Dacci la grazia di vergognarci di ciò che, come uomini, siamo stati capaci di fare, di vergognarci di questa massima idolatria, di aver disprezzato e distrutto la nostra carne, quella che tu impastasti dal fango, quella che tu vivificasti col tuo alito di vita.
Mai più, Signore, mai più!
“Adamo, dove sei?”.
Eccoci, Signore, con la vergogna di ciò che l’uomo, creato a tua immagine e somiglianza, è stato capace di fare.
Ricordati di noi nella tua misericordia.