Il Sole 24 Ore
(Marco Ludovico - Carlo Marroni) Fonti di intelligence Usa segnalano un livello di minaccia «elevato» durante la visita, in particolare nella tappa centrafricana. Nessuna modifica sul programma: il viaggio del Papa in Africa si farà. Francesco partirà mercoledì prossimo e toccherà tre paesi: Kenya, Uganda e Repubblica Centrafricana. È questa la tappa considerata maggiormente a rischio (dove sosterà una sola notte): il paese è afflitto da una guerra civile e la capitale Bangui è teatro quotidiano di violenze. E non mancano gli allarmi, specie per quest' ultimo paese: da fonti dell' intelligence americana è stato segnalato un livello di minaccia "elevato" durante la visita, e in particolare nella cattedrale di Bangui dove il 29 novembre aprirà la Porta Santa e darà l' avvio al Giubileo, che nel resto nel mondo inizierà l' 8 dicembre. Nella chiesa infatti, è stato riferito che di recente ci sono stati due casi di attentati. Ieri a Bangui è volato il comandante della Gendarmeria, Domenico Giani, che ha la responsabilità della sicurezza del Pontefice: per Giani se dovessero esserci dei rischi per la popolazione civile e i militari del contingente Onu, che sono lì per una missione di pace, il programma potrebbe subire qualche piccola modifica, ha detto a Tv2000. «Il Santo Padre desidera molto mantenere questa tappa e compiere questo gesto in una zona particolare dove ci sono gli scontri tra i cristiani e i musulmani, seleka e anti-balaka. Francesco è il Papa del dialogo e dell' apertura - ricorda Giani - vuole fare questo gesto in un luogo dove non solo si apre una Porta Santa ma si inizi anche, come ha detto lui, l' apertura del cuore. Francesco vuole che dove non c' è dialogo si cominci a dialogare. Faremo di tutto - assicura - affinché il viaggio si possa fare ma nelle condizioni di sicurezza, perché dobbiamo pur sempre tutelare il Papa e di conseguenza tutelare tutti gli altri». Per Giani «escludere a priori la minaccia sarebbe da incoscienti: semplici sì ma incoscienti no. La minaccia in generale dobbiamo dire che esiste, ma non siamo a conoscenza di minacce specifiche nei confronti del Santo Padre: questo non vuol dire che non possano esistere». E aggiunge che era già stato previsto che durante il Giubileo si sarebbero dovuti fare controlli in maniera molto seria «in modo da rassicurare le persone: un lavoro destinato a far vivere con serenità e fiducia il desiderio della gente e dei pellegrini di venire a San Pietro e nelle altre basiliche di Roma». Confessa il comandante della Gendarmeria vaticana: «Vivo queste ultime ore come tutti. C' è una parte di angoscia perché quello che è successo a Parigi lascia un grave sapore amaro in bocca. È stato un atto veramente grave». Se è vero che «nessuno si sente più sicuro di niente», premette Giani, «allo stesso tempo vivo questo momento con la fiducia del cristiano e lo spirito francescano: fare ogni giorno la mia inutile parte cercando di farla bene, contando sull' aiuto degli uomini che dipendono da me e contando anche sulla preghiera di tanta gente che pregando per il Papa prega anche per chi gli è vicino e, quindi, indegnamente anche per me». Il Segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin, in un' intervista al Centro televisivo Vaticano ha detto che il viaggio «sarà un' occasione per rinnovare l' appello che il Papa continuamente fa, il Papa è in prima linea in questo senso, agli appartenenti a tutte le religioni, a non usare il nome di Dio per giustificare la violenza» e ha ricordato che all' Angelus di domenica scorsa Bergoglio ha detto proprio che «fare questo è bestemmiare». L' appello del pontefice è «a fare delle religioni quello che le religioni sono e devono essere, cioè operatrici di bene, fattori di riconciliazione, di pace, di fraternità nel mondo d' oggi, in un mondo già lacerato da tanti conflitti di varia natura. E farlo insieme, questo mi pare un punto importante, farlo insieme. Oggi le religioni devono trovare il modo di lavorare insieme, di collaborare insieme per aiutare l' umanità a diventare sempre più fraterna e solidale. Questo attraverso soprattutto il dialogo interreligioso. Ecco mi pare che saranno questi i punti che il Papa continuerà a sottolineare» anche nel viaggio in Africa.
(Marco Ludovico - Carlo Marroni) Fonti di intelligence Usa segnalano un livello di minaccia «elevato» durante la visita, in particolare nella tappa centrafricana. Nessuna modifica sul programma: il viaggio del Papa in Africa si farà. Francesco partirà mercoledì prossimo e toccherà tre paesi: Kenya, Uganda e Repubblica Centrafricana. È questa la tappa considerata maggiormente a rischio (dove sosterà una sola notte): il paese è afflitto da una guerra civile e la capitale Bangui è teatro quotidiano di violenze. E non mancano gli allarmi, specie per quest' ultimo paese: da fonti dell' intelligence americana è stato segnalato un livello di minaccia "elevato" durante la visita, e in particolare nella cattedrale di Bangui dove il 29 novembre aprirà la Porta Santa e darà l' avvio al Giubileo, che nel resto nel mondo inizierà l' 8 dicembre. Nella chiesa infatti, è stato riferito che di recente ci sono stati due casi di attentati. Ieri a Bangui è volato il comandante della Gendarmeria, Domenico Giani, che ha la responsabilità della sicurezza del Pontefice: per Giani se dovessero esserci dei rischi per la popolazione civile e i militari del contingente Onu, che sono lì per una missione di pace, il programma potrebbe subire qualche piccola modifica, ha detto a Tv2000. «Il Santo Padre desidera molto mantenere questa tappa e compiere questo gesto in una zona particolare dove ci sono gli scontri tra i cristiani e i musulmani, seleka e anti-balaka. Francesco è il Papa del dialogo e dell' apertura - ricorda Giani - vuole fare questo gesto in un luogo dove non solo si apre una Porta Santa ma si inizi anche, come ha detto lui, l' apertura del cuore. Francesco vuole che dove non c' è dialogo si cominci a dialogare. Faremo di tutto - assicura - affinché il viaggio si possa fare ma nelle condizioni di sicurezza, perché dobbiamo pur sempre tutelare il Papa e di conseguenza tutelare tutti gli altri». Per Giani «escludere a priori la minaccia sarebbe da incoscienti: semplici sì ma incoscienti no. La minaccia in generale dobbiamo dire che esiste, ma non siamo a conoscenza di minacce specifiche nei confronti del Santo Padre: questo non vuol dire che non possano esistere». E aggiunge che era già stato previsto che durante il Giubileo si sarebbero dovuti fare controlli in maniera molto seria «in modo da rassicurare le persone: un lavoro destinato a far vivere con serenità e fiducia il desiderio della gente e dei pellegrini di venire a San Pietro e nelle altre basiliche di Roma». Confessa il comandante della Gendarmeria vaticana: «Vivo queste ultime ore come tutti. C' è una parte di angoscia perché quello che è successo a Parigi lascia un grave sapore amaro in bocca. È stato un atto veramente grave». Se è vero che «nessuno si sente più sicuro di niente», premette Giani, «allo stesso tempo vivo questo momento con la fiducia del cristiano e lo spirito francescano: fare ogni giorno la mia inutile parte cercando di farla bene, contando sull' aiuto degli uomini che dipendono da me e contando anche sulla preghiera di tanta gente che pregando per il Papa prega anche per chi gli è vicino e, quindi, indegnamente anche per me». Il Segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin, in un' intervista al Centro televisivo Vaticano ha detto che il viaggio «sarà un' occasione per rinnovare l' appello che il Papa continuamente fa, il Papa è in prima linea in questo senso, agli appartenenti a tutte le religioni, a non usare il nome di Dio per giustificare la violenza» e ha ricordato che all' Angelus di domenica scorsa Bergoglio ha detto proprio che «fare questo è bestemmiare». L' appello del pontefice è «a fare delle religioni quello che le religioni sono e devono essere, cioè operatrici di bene, fattori di riconciliazione, di pace, di fraternità nel mondo d' oggi, in un mondo già lacerato da tanti conflitti di varia natura. E farlo insieme, questo mi pare un punto importante, farlo insieme. Oggi le religioni devono trovare il modo di lavorare insieme, di collaborare insieme per aiutare l' umanità a diventare sempre più fraterna e solidale. Questo attraverso soprattutto il dialogo interreligioso. Ecco mi pare che saranno questi i punti che il Papa continuerà a sottolineare» anche nel viaggio in Africa.