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Vaticano
Alla Pontificia Accademia delle scienze. Bambini e sviluppo sostenibile
 
L'Osservatore Romano 
In un mondo in continua trasformazione e sempre più globalizzato, l’educazione gioca un ruolo insostituibile per costruire una società inclusiva in cui tutti «possano trovare le risorse per sviluppare un progetto di vita in armonia con la propria cultura e la propria fede, con i valori universali transculturali e con il rispetto per l’ambiente». È stata questa consapevolezza a guidare i lavori dell’incontro sul tema «I bambini e lo sviluppo sostenibile: una sfida per l’educazione», svoltosi, alla Casina Pio IV in Vaticano, dal 13 al 15 novembre.

Promosso dalla Pontificia Accademia delle scienze, il convegno ha offerto contributi per far sì che i bambini possano sviluppare una maggiore apertura all’altro, «in modo che il mondo, senza perdere la ricchezza della diversità, diventi sempre più integrato». A tale scopo, e per favorire una partecipazione attiva al bene comune, è essenziale — è stato detto — «promuovere la collaborazione tra alunni nel loro rapporto con la consapevolezza civica e mettere al primo posto la collaborazione e la solidarietà sopra ogni forma di egoismo competitivo».
In molti Paesi, è stato osservato, «l’educazione allo sviluppo sostenibile» sta già iniziando a far parte dei programmi educativi. Dal momento che la scienza ha un ruolo essenziale nell’accettare e comprendere le questioni, l’educazione scientifica di bambini e adolescenti (così come dei loro genitori) dovrebbe essere al centro dell’azione. D’altra parte, è stato constatato un aumento del numero di bambini con un’educazione di scarsa qualità a causa di migrazioni, spostamenti di città in città, povertà, guerre, condizioni di rifugiati e altri fenomeni che hanno a che vedere con una forza lavoro in costante movimento.
È stato fatto notare anche che nel mondo di oggi la scuola «si trova ad affrontare le migrazioni urbane di massa, la rivoluzione digitale, la mancanza di insegnanti qualificati e il loro basso reddito, l’esplosione delle conoscenze scientifiche, i profondi cambiamenti nel mondo del lavoro che richiedono nuove competenze».
È in questo contesto che le scuole dovranno far propri gli obiettivi di sviluppo sostenibile lanciati dall’Onu lo scorso settembre e riconsiderare l’educazione scientifica che esse «forniscono, per poter gestire questioni complesse e interdisciplinari che richiedono una nuova visione». È stato messo in evidenza come in molti Paesi, soprattutto in quelli sviluppati, «sorgono movimenti contro la scienza che mettono in dubbio la capacità degli scienziati di arrivare a una qualche verità sui fenomeni naturali, dimostrando una scarsa comprensione della natura del ragionamento scientifico e una mancanza di fiducia nelle istituzioni che fanno circolare i risultati delle ricerche». Purtroppo, in alcune nazioni, i genitori e talvolta anche le agenzie ufficiali ostacolano le conoscenze scientifiche «a danno dei bambini».
In tutti i casi, è evidente «la mancanza di comprensione da parte del vasto pubblico della natura della scienza: non è stata trasmessa con un modello educativo adeguato». Al contrario, l’educazione deve trasmettere «speranza, non disperazione o mancanza di prospettive; e deve dare ai bambini fiducia nella loro intelligenza». È stato fatto notare che il Vangelo ha «una considerazione particolare per i bambini» — basta leggere il capitolo 19 di Matteo (13-15) — e che «la Chiesa ha sempre trattato l’educazione, non solo quella religiosa, come un dono essenziale per l’umanità».
Margaret Archer, presidente della Pontificia Accademia, ha toccato fra l’altro il tema della digitalizzazione che può promuovere «la decentralizzazione nell’andare a scuola». Il suo principale vantaggio, ha osservato, è che l’istruzione «può rimanere sensibile alle esigenze specifiche delle aree locali all’interno dei Paesi in via di sviluppo».
L'Osservatore Romano, 18 novembre 2015.