Vaticano
(a cura redazione Il sismografo)
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(Francesco Gagliano) Domenica 15 novembre Papa Francesco si recherà in visita alla Chiesa Evangelica e Luterana di Roma , in via Sicilia. L'edificio, costruito tra il 1910 ed il 1922, è il principale luogo di culto luterano della capitale e in passato è stato già visitato da due pontefici: Giovanni Paolo II (l'11 dicembre 1983, in occasione del quinto centenario della nascita di Lutero) e Benedetto XVI (14 marzo 2010). Papa Francesco desidera quindi proseguire la tradizione degli ultimi pontefici e mantenere vivo il dialogo ecumenico con i cristiani evangelici - ricordiamo, tra l'altro, che lo scorso settembre nei pressi del Colosseo è stata intestata una piazza al teologo agostiniano, padre della Riforma - in vista del quinto centenario, il prossimo 2017, dell'affissione delle 95 tesi di Wittemberg.
Leggendo i discorsi di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, in occasione delle loro visite a questa chiesa luetera romana, il desiderio di superare le diversità e riunirsi nelle affinità appare evidente, riportiamo alcuni passaggi di Papa Wojtyla: "Siamo alla soglia dell’anno 2000. “Ci troviamo, sotto un certo aspetto, nel periodo di un nuovo Avvento, in un periodo di attesa” (Giovanni Paolo II, Redemptor Hominis, 1). Per questo mi sono recato, per così dire, dai nostri vicini, dai cittadini di questa città “che sono uniti da una speciale affinità” (Unitatis Redintegratio, 19). Sono venuto qui per commemorare insieme a voi, nella preghiera e nella meditazione, il mistero di fede dell’Avvento che ci è comune, la sua profonda e molteplice ricchezza. Sono venuto perché lo Spirito di Dio ci ha indirizzati in questi giorni, attraverso il dialogo ecumenico, alla ricerca della completa unità dei cristiani. Noi conosciamo la difficile storia di questa comunità evangelico-luterana a Roma, i suoi faticosi inizi e le luci e ombre del suo sviluppo nell’ambito di questa città. Ci si pone tanto più urgentemente la domanda: “Possiamo noi, nonostante tutta la debolezza umana - nonostante le insufficienze dei secoli passati - non aver fiducia nella grazia del Signore, che si è manifestata negli ultimi tempi attraverso la parola dello Spirito Santo che abbiamo percepito durante il Concilio?” (Ivi, 6)."
Anche Papa Ratzinger, partendo dall'immagine del chicco di grano che muore per dare molto frutto (Gv 12,24-26), ricorda sia ai cattolici che agli evangelici "che nessuno di noi ha il proprio Cristo, il proprio Gesù, che lo possiamo seguire soltanto se camminiamo tutti insieme con lui, entrando in questo “noi” e imparando con lui il suo amore che dona. (...) Fa parte dell’essere cristiani l’ “essere noi” nella comunità dei suoi discepoli. E questo ci pone la questione dell’ecumenismo: la tristezza per aver spezzato questo “noi”, per aver suddiviso l’unica via in tante vie, e così viene offuscata la testimonianza che dovremmo dare in tal modo, e l’amore non può trovare la sua piena espressione. Che cosa dovremmo dire al riguardo? Oggi ascoltiamo molte lamentele sul fatto che l’ecumenismo sarebbe giunto a un punto di stallo, accuse vicendevoli; tuttavia penso che dovremmo anzitutto essere grati che vi sia già tanta unità. È bello che oggi, domenica Laetare, noi possiamo pregare insieme, intonare gli stessi inni, ascoltare la stessa parola di Dio, insieme spiegarla e cercare di capirla; che noi guardiamo all’unico Cristo che vediamo e al quale vogliamo appartenere, e che, in questo modo, già rendiamo testimonianza che Egli è l’Unico, colui che ci ha chiamati tutti e al quale, nel più profondo, noi tutti apparteniamo. Credo che dovremmo mostrare al mondo soprattutto questo: non liti e conflitti di ogni sorta, ma gioia e gratitudine per il fatto che il Signore ci dona questo e perché esiste una reale unità, che può diventare sempre più profonda e che deve divenire sempre più una testimonianza della parola di Cristo, della via di Cristo in questo mondo."
Leggendo i discorsi di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, in occasione delle loro visite a questa chiesa luetera romana, il desiderio di superare le diversità e riunirsi nelle affinità appare evidente, riportiamo alcuni passaggi di Papa Wojtyla: "Siamo alla soglia dell’anno 2000. “Ci troviamo, sotto un certo aspetto, nel periodo di un nuovo Avvento, in un periodo di attesa” (Giovanni Paolo II, Redemptor Hominis, 1). Per questo mi sono recato, per così dire, dai nostri vicini, dai cittadini di questa città “che sono uniti da una speciale affinità” (Unitatis Redintegratio, 19). Sono venuto qui per commemorare insieme a voi, nella preghiera e nella meditazione, il mistero di fede dell’Avvento che ci è comune, la sua profonda e molteplice ricchezza. Sono venuto perché lo Spirito di Dio ci ha indirizzati in questi giorni, attraverso il dialogo ecumenico, alla ricerca della completa unità dei cristiani. Noi conosciamo la difficile storia di questa comunità evangelico-luterana a Roma, i suoi faticosi inizi e le luci e ombre del suo sviluppo nell’ambito di questa città. Ci si pone tanto più urgentemente la domanda: “Possiamo noi, nonostante tutta la debolezza umana - nonostante le insufficienze dei secoli passati - non aver fiducia nella grazia del Signore, che si è manifestata negli ultimi tempi attraverso la parola dello Spirito Santo che abbiamo percepito durante il Concilio?” (Ivi, 6)."
Anche Papa Ratzinger, partendo dall'immagine del chicco di grano che muore per dare molto frutto (Gv 12,24-26), ricorda sia ai cattolici che agli evangelici "che nessuno di noi ha il proprio Cristo, il proprio Gesù, che lo possiamo seguire soltanto se camminiamo tutti insieme con lui, entrando in questo “noi” e imparando con lui il suo amore che dona. (...) Fa parte dell’essere cristiani l’ “essere noi” nella comunità dei suoi discepoli. E questo ci pone la questione dell’ecumenismo: la tristezza per aver spezzato questo “noi”, per aver suddiviso l’unica via in tante vie, e così viene offuscata la testimonianza che dovremmo dare in tal modo, e l’amore non può trovare la sua piena espressione. Che cosa dovremmo dire al riguardo? Oggi ascoltiamo molte lamentele sul fatto che l’ecumenismo sarebbe giunto a un punto di stallo, accuse vicendevoli; tuttavia penso che dovremmo anzitutto essere grati che vi sia già tanta unità. È bello che oggi, domenica Laetare, noi possiamo pregare insieme, intonare gli stessi inni, ascoltare la stessa parola di Dio, insieme spiegarla e cercare di capirla; che noi guardiamo all’unico Cristo che vediamo e al quale vogliamo appartenere, e che, in questo modo, già rendiamo testimonianza che Egli è l’Unico, colui che ci ha chiamati tutti e al quale, nel più profondo, noi tutti apparteniamo. Credo che dovremmo mostrare al mondo soprattutto questo: non liti e conflitti di ogni sorta, ma gioia e gratitudine per il fatto che il Signore ci dona questo e perché esiste una reale unità, che può diventare sempre più profonda e che deve divenire sempre più una testimonianza della parola di Cristo, della via di Cristo in questo mondo."