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L'Osservatore Romano
«La gente del Delta del Niger, sempre più provata e preoccupata, si identifica in Ken Saro-Wiwa e nella sua lotta per la giustizia»: è quanto ha sottolineato monsignor Hyacinth Oroko Egbebo, vicario apostolico di Bomadi (Nigeria), all’agenzia Misna, in occasione del ventesimo anniversario dell’uccisione dello scrittore e attivista nigeriano che si batté fino all’ultimo per denunciare i danni al territorio e alle popolazioni provocati dalle multinazionali del petrolio.Martedì scorso, cortei e manifestazioni si sono svolti a Port Harcourt, il capoluogo del Delta, e nell’Ogoniland, regione della quale Saro-Wiwa era originario. Monsignor Egbebo dice di sperare che le commemorazioni in corso in questi giorni non siano turbate da violenze o incidenti e che, soprattutto, il ricordo di Saro-Wiwa possa essere occasione «per far capire meglio le sofferenze» dei popoli del Delta.
Che le condizioni ambientali e sociali della Nigeria restino drammatiche lo hanno confermato pochi giorni fa anche gli esperti di organizzazioni umanitarie, come il Centre for Environment, Human Rights and Development.
Un recente rapporto sulle condizioni dell’ambiente nel Paese ha rivelato come una nota compagnia petrolifera, nonostante le promesse fatte, non abbia ancora rimediato agli sversamenti di greggio bonificando terreni e corsi d’acqua che per decenni sono stati avvelenati. Lo studio rappresenta una prima verifica dopo la denuncia delle Nazioni Unite che aveva stimato in poco più di trent’anni il tempo necessario per rimediare ai danni ambientali e sociali provocati dalla stessa multinazionale. «Avevamo riposto molte speranze nel presidente Goodluck Jonathan, originario del Delta, in carica dal 2010 al maggio scorso», ha proseguito il vicario apostolico. Tuttavia, i risultati non sono stati quelli che si aspettavano. Ora, con la vittoria dell’opposizione alle elezioni nazionali il clima politico è cambiato, «ma i motivi di preocupazione non sono diminuiti». Il presule si augura che si riescano a tagliare i legami esistenti fra la politica, le forze armate e le industrie petrolifere. Alcuni fatti accaduti recentemente hanno alimentato le preoccupazioni, come le violenze politiche nel Bayelsa, lo Stato del quale è originario l’ex presidente Jonathan, dove il prossimo dicembre sono in programma le elezioni locali. O, in vista dell’anniversario della morte di Saro-Wiwa, la confisca nel porto di Lagos di una scultura in onore dello scrittore e attivista. L’opera sarebbe stata sequestrata perché ritenuta strumento di propaganda politica. Inoltre ha suscitato polemiche e indignazione la nomina a un importante carica pubblica del colonnello Hamid Ali, uno dei giudici militari che venti anni fa condannò a morte per impiccagione Saro-Wiwa e otto suoi compagni. Nei giorni scorsi, i vescovi nigeriani, nel sottolineare come la corruzione abbia «arrecato danni enormi alla nazione e compromesso la vita della maggior parte dei nigeriani» hanno auspicato che il presidente Buhari vinca la guerra «contro la corruzione come sta facendo con il terrorismo», ma, precisano i presuli, «questo può avvenire solo se tutti noi ci impegniamo a essere individualmente liberi dalla corruzione».
L'Osservatore Romano, 14 novembre 2015.