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(a cura Redazone "Il sismografo")
(Luis Badilla – Francesco Gagliano) Domani lunedì 16 novembre ricorrono i 50 anni del "Patto delle Catacombe", che non molti ricordano e conoscono, eppure si tratta di un momento nella vita della Chiesa, in particolare dell'America Latina che può essere considerato uno spartiacque tra due storie diverse. Nel mese di novembre di 1965, pochi giorni prima della chiusura del Concilio Vaticano II, numerosi padri conciliari - all' inizio erano 40 - si sono incontrati presso le Catacombe di Domitilla, a Roma, per celebrare insieme l'Eucaristia.
Al termine i presenti, e molti altri successivamente, firmarono un solenne documento -"Patto delle Catacombe" - che impegnava i firmatari a vivere imbevuti dallo spirito del Vangelo, in povertà e umiltà, lontani dal potere, e quindi con il cuore e la mente sul ministero pastorale. Fra i firmatari c'erano: don Helder Camara, Antônio Fragoso, Luigi Bettazzi, Manuel Larraín, Leonidas Proaño, Vicente Faustino Zazpe, Sergio Méndez Arceo e molti altri.
Testo del Patto
«Noi, vescovi riuniti nel Concilio Vaticano II, illuminati sulle mancanze della nostra vita di povertà secondo il Vangelo; sollecitati vicendevolmente ad una iniziativa nella quale ognuno di noi vorrebbe evitare la singolarità e la presunzione; in unione con tutti i nostri Fratelli nell’Episcopato, contando soprattutto sulla grazia e la forza di Nostro Signore Gesù Cristo, sulla preghiera dei fedeli e dei sacerdoti della nostre rispettive diocesi; ponendoci col pensiero e la preghiera davanti alla Trinità, alla Chiesa di Cristo e davanti ai sacerdoti e ai fedeli della nostre diocesi; nell’umiltà e nella coscienza della nostra debolezza, ma anche con tutta la determinazione e tutta la forza di cui Dio vuole farci grazia, ci impegniamo a quanto segue:
- Cercheremo di vivere come vive ordinariamente la nostra popolazione per quanto riguarda l’abitazione, l’alimentazione, i mezzi di locomozione e tutto il resto che da qui discende.[1]
- Rinunciamo per sempre all’apparenza e alla realtà della ricchezza, specialmente negli abiti (stoffe ricche, colori sgargianti), nelle insegne di materia preziosa (questi segni devono essere effettivamente evangelici).[2] Né oro né argento. Non possederemo a nostro nome beni immobili, né mobili, né conto in banca, ecc.; e, se fosse necessario averne il possesso, metteremo tutto a nome della diocesi o di opere sociali o caritative.[3]
- Tutte le volte che sarà possibile, affideremo la gestione finanziaria e materiale nella nostra diocesi ad una commissione di laici competenti e consapevoli del loro ruolo apostolico, al fine di essere, noi, meno amministratori e più pastori e apostoli.[4] - Rifiutiamo di essere chiamati, oralmente o per scritto, con nomi e titoli che significano grandezza e potere (Eminenza, Eccellenza, Monsignore…). Preferiamo essere chiamati con il nome evangelico di Padre.[5]
- Nel nostro comportamento, nelle nostre relazioni sociali, eviteremo quello che può sembrare un conferimento di privilegi, priorità, o anche di una qualsiasi preferenza, ai ricchi e ai potenti (es. banchetti offerti o accettati, nei servizi religiosi).[6]
- Eviteremo ugualmente di incentivare o adulare la vanità di chicchessia, con l’occhio a ricompense o a sollecitare doni o per qualsiasi altra ragione. Inviteremo i nostri fedeli a considerare i loro doni come una partecipazione normale al culto, all’apostolato e all’azione sociale.[7]
- Daremo tutto quanto è necessario del nostro tempo, riflessione, cuore, mezzi, ecc., al servizio apostolico e pastorale delle persone e dei gruppi laboriosi ed economicamente deboli e poco sviluppati, senza che questo pregiudichi le altre persone e gruppi della diocesi. Sosterremo i laici, i religiosi, i diaconi o i sacerdoti che il Signore chiama ad evangelizzare i poveri e gli operai condividendo la vita operaia e il lavoro.[8]
- Consci delle esigenze della giustizia e della carità, e delle loro mutue relazioni, cercheremo di trasformare le opere di “beneficenza” in opere sociali fondate sulla carità e sulla giustizia, che tengano conto di tutti e di tutte le esigenze, come un umile servizio agli organismi pubblici competenti.[9]
- Opereremo in modo che i responsabili del nostro governo e dei nostri servizi pubblici decidano e attuino leggi, strutture e istituzioni sociali necessarie alla giustizia, all’uguaglianza e allo sviluppo armonico e totale dell’uomo tutto in tutti gli uomini, e, da qui, all’avvento di un altro ordine sociale, nuovo, degno dei figli dell’uomo e dei figli di Dio.[10]
- Poiché la collegialità dei vescovi trova la sua più evangelica realizzazione nel farsi carico comune delle moltitudini umane in stato di miseria fisica, culturale e morale – due terzi dell’umanità – ci impegniamo: – a contribuire, nella misura dei nostri mezzi, a investimenti urgenti di episcopati di nazioni povere;
- a richiedere insieme agli organismi internazionali, ma testimoniando il Vangelo come ha fatto Paolo VI all’Onu, l’adozione di strutture economiche e culturali che non fabbrichino più nazioni proletarie in un mondo sempre più ricco che però non permette alle masse povere di uscire dalla loro miseria.
- Ci impegniamo a condividere, nella carità pastorale, la nostra vita con i nostri fratelli in Cristo, sacerdoti, religiosi e laici, perché il nostro ministero costituisca un vero servizio; così: – ci sforzeremo di “rivedere la nostra vita” con loro; – formeremo collaboratori che siano più animatori secondo lo spirito che capi secondo il mondo; – cercheremo di essere il più umanamente presenti, accoglienti…; – saremo aperti a tutti, qualsiasi sia la loro religione.[11]
Tornati alle nostre rispettive diocesi, faremo conoscere ai fedeli delle nostre diocesi la nostra risoluzione, pregandoli di aiutarci con la loro comprensione, il loro aiuto e le loro preghiere.
Aiutaci Dio ad essere fedeli. »
Note
1) Mt 5,3; 6,33s; 8,20.
2) Mc 6,9; Mt 10,9s; At 3,6.
3) Mt 6,19-21; Lc 12,33s.
4) Mt 10,8; At. 6,1-7.
5) Mt 20,25-28; 23,6-11; Jo 13,12-15.
6) Lc 13,12-14; 1Cor 9,14-19.
7) Mt 6,2-4; Lc 15,9-13; 2Cor 12,4.
8) Lc 4,18s; Mc 6,4; Mt 11,4s; At 18,3s; 20,33-35; 1 Cor 4,12 e 9,1-27.
9) Mt 25,31-46; Lc 13,12-14 e 33s.
10) At. 2,44s; 4,32-35; 5,4; 2Cor 8 e 9 interi; 1Tim 5, 16.
11) Mc 8,34s; At 6,1-7; 1Tim 3,8-10.
Elenco di padri conciliari firmatari
Brasile:
Dom Antônio Fragoso (Crateús-CE),
Don Francisco Mesquita Filho Austregésilo (Afogados da Ingazeira – PE),
Dom João Batista da Mota e Albuquerque, arcivescovo di Vitória, ES,
P. Luiz Gonzaga Fernandis, vescovo ausiliare eletto di Vitória
Dom Jorge Marcos di Oliveira (Santo André-SP),
Dom Heldir Camara, vescovo di Recife
Dom Henrique Golland Trindadi, OFM, arcivescovo di Botucatu, SP,
Dom José Maria Pires, arcivescovo di Paraíba, PB.
Colombia:
Mons. Tulio Botero Salazar, arcivescovo di Medellín
Mons. Antonio Medina Medina, vescovo ausiliare di Medellín
Mons. Anibal Muñoz Duque, Vescovo di Nueva Pamplona,
Mons. Raúl Zambrano di Facatativá
Mons. Angelo Cuniberti, vicario apostólico di Florencia.
Argentina:
Mons. Alberto Divoto di la diócesis di Goya
Mons. Vicente Faustino Zazpe di la diócesis di Rafaela
Mons. Juan José Iriarte di Reconquista
Uruguay, Cile, Ecuador, Panamá
Mons. Alfredo Viola, vescovo di Salto (Uruguay)
Mons. Marcelo Mendiharat, vescovo ausiliare di Salto (Uruguay)
Mons. Manuel Larraín di Talca en Cile,
Mons. Gregorio McGrath Marco di Panamá (Santiago di Veraguas),
Mons. Leonidas Proaño en Riobamba, Ecuador
Francia
Mons Guy Marie Riobé, vescovo di Orleans,
Mons Gérard Huyghe, vescovo di Arras,
Mons. Adrien Gand, vescovo ausiliare di Lille
Belgio, Spagna, Germania e Italia
Mons. Charles Marie Himmer, vescovo di Tournai, Belgio,
Mons. Rafael González Moralejo, vescovo ausiliare di Valencia, Spagna,
Mons. Julius Angerhausen, vescovo ausiliare di Essen, Germania
Mons. Luigi Betazzi, vescovo ausiliare di Bolonia
Costa d’Avorio, Tanzania, Sudafrica, Sahara
Dom Bernard Yago, arcivescovo di Abidjan, Costa d’Avorio
Mons. José Blomjous, vescovo di Mwanza, Tanzania
Mons. Georges Mercier, vescovo di Laghouat - Sahara, Africa
Isarele/Nazaret, Libano
Mons. Hakim, vescovo melquita di Nazaret,
Mons. Haddad, vescovo melquita, ausiliare di Beirut, Líbano
Canada
Mons. Gérard Marie Codirre, vescovo di Saint Jean di Quebec, Canadá,
Cina
Mons. Charles Joseph di Melckebeke, di origen un belga, vescovo di Ningxia, Cina.