Messico
Negli ultimi giorni aumentate dell’ottanta per cento le partenze da Cuba. Una Chiesa nuova per gli immigrati del Centroamerica
L'Osservatore Romano
Negli ultimi giorni aumentate dell’ottanta per cento le partenze da Cuba. Una Chiesa nuova per gli immigrati del Centroamerica
L'Osservatore Romano
(Silvina Pérez) Molti ci hanno messo un anno, altri alcuni mesi e altri ancora hanno iniziato il viaggio solo pochi giorni fa. Provengono da Cuba, ma anche dall’Ecuador, dalla Colombia, da Panamá e dal Guatemala. Per giungere alla frontiera messicana ci vogliono circa due settimane, nelle quali i migranti attraversano fiumi, paludi e viaggiano in barca costeggiando la terra ferma. «La maggior parte esce in modo regolare da Cuba, con l’autorizzazione del Governo, per poi iniziare un lungo viaggio; generalmente va in aereo in Ecuador e poi da lì passa in Colombia dove l’attende un percorso più difficile e pericoloso in barca, via mare, fino a Panamá. Quanti superano questo tratto giungono a Costarica e da lì proseguono verso l’Honduras e via terra verso il Guatemala. Attraversano sette Paesi prima di arrivare alla frontiera con gli Stati Uniti».
A raccontarlo è padre César Augusto Cañaveral Pérez, coordinatore diocesano della mobilità umana della diocesi di Tapachula, in Chiapas, che assiste ogni giorno al massiccio arrivo di migranti cubani a sud del Messico. Quanto sta accadendo non occupa le prime pagine dei giornali e non figura tra i titoli di apertura dei telegiornali, ma le partenze da Cuba non cessano, anzi stanno aumentando. Alle difficoltà del viaggio si aggiungono i pericoli presenti nei territori attraversati, dove i migranti sono esposti a ogni tipo di ingiustizia. «L’annuncio dell’avvio delle relazioni diplomatiche tra Stati Uniti e Cuba ha motivato questo flusso straordinario di cubani che tentano di raggiungere il continente. Cercano di varcare il confine, temendo che il Governo statunitense stabilisca di chiudere le frontiere e cambiare le leggi attualmente in vigore sull’immigrazione. Solo lunedì 9 novembre mezzo milione di migranti hanno assediato la frontiera di Tapachula, da dove nell’ultimo mese sono passati più di duemila migranti. La presenza di cubani alla frontiera è una sfida per la Chiesa e per le istituzioni preposte alla tutela dei migranti. La stazione migratoria “Siglo XXI” non ce la fa ad assisterli tutti», ha detto Cañaveral Pérez al nostro giornale. Ha aggiunto il religioso: «Dobbiamo anche controllare gli alberghi e le autorità che gestiscono queste strutture, perché chiedono 60 dollari a notte ai cubani; e i tassisti per il percorso dalla stazione migratoria al centro chiedono 50 dollari. Anche i pullmini che circolano di notte chiedono fino a quattro, cinque dollari. Esiste quindi già una rete attiva di sfruttamento di questi migranti. Di fatto i cubani sono visti come una sorta di bancomat e, per l’esperienza che ho acquisito lavorando con loro, so che non hanno dollari, hanno mezzi limitati, chiedono ai familiari di pagare i loro biglietti», ha aggiunto Padre Cañaveral Pérez. Al di fuori dalla stazione migratoria «le donne e gli uomini cubani possono facilmente diventare vittime dello sfruttamento, della tratta di persone e della prostituzione, per la loro condizione di vulnerabilità; sebbene cerchino di restare uniti nel bisogno, possono comunque ritrovarsi in queste realtà».
La Chiesa locale ha ospitato in alberghi della zona 1200 cubani. Altri, ha spiegato il religioso, «dormono nella cappella, ma non ci sono più posti disponibili». «Così come abbiamo una migrazione di cubani e messicani verso gli Stati Uniti, abbiamo anche una migrazione interna dalla campagna verso le grandi città alla ricerca di un lavoro, e anche migrazioni interne dovute alla situazione di insicurezza e di violenza generata dal crimine organizzato, che obbliga la popolazione a cercare un altro luogo per vivere, nello stesso Stato o all’estero».
Un altro fenomeno in crescita è quello dei migranti stagionali, «che arrivano nel Chiapas per essere impiegati nelle coltivazioni di banane, per la raccolta del caffè o il taglio della canna da zucchero, oltre alle collaboratrici domestiche che lavoravano a Tapachula. Stiamo assistendo a una migrazione di massa di centroamericani senza documenti a causa della situazione sociale, delle catastrofi naturali, come l’uragano Mitch, e della costante instabilità economica di alcuni Paesi», ha aggiunto il religioso. Come Chiesa, dunque, «dobbiamo ripensare la nostra evangelizzazione verso i migranti, poiché l’evangelizzazione riguarda l’uomo, riguarda l’essere umano, in carne e ossa. Grazie a Dio abbiamo un Papa che sta dando impulso a questo spirito umanitario. La forma stessa con cui ci si avvicina ai poveri non è un’opzione. Non sto optando per il povero. Ricordiamo che il primo viaggio pastorale fuori dalla diocesi di Roma di Papa Francesco è stato il viaggio alla periferia estrema dell’Europa, all’anelata “porta” per migliaia di immigranti vittime di trafficanti di uomini; non poteva essere più emblematico di ciò che Francesco è e rappresenta per la Chiesa e il mondo». In un pianeta «sempre più globalizzato, gli spostamenti dei credenti e dei non credenti, a livello sia nazionale sia internazionale, esigono dalla Chiesa maggiore creatività per uno sviluppo strutturale flessibile e interconnesso, e tale sviluppo richiede una “pastorale senza frontiere”, una nuova evangelizzazione», ha concluso il religioso.
A raccontarlo è padre César Augusto Cañaveral Pérez, coordinatore diocesano della mobilità umana della diocesi di Tapachula, in Chiapas, che assiste ogni giorno al massiccio arrivo di migranti cubani a sud del Messico. Quanto sta accadendo non occupa le prime pagine dei giornali e non figura tra i titoli di apertura dei telegiornali, ma le partenze da Cuba non cessano, anzi stanno aumentando. Alle difficoltà del viaggio si aggiungono i pericoli presenti nei territori attraversati, dove i migranti sono esposti a ogni tipo di ingiustizia. «L’annuncio dell’avvio delle relazioni diplomatiche tra Stati Uniti e Cuba ha motivato questo flusso straordinario di cubani che tentano di raggiungere il continente. Cercano di varcare il confine, temendo che il Governo statunitense stabilisca di chiudere le frontiere e cambiare le leggi attualmente in vigore sull’immigrazione. Solo lunedì 9 novembre mezzo milione di migranti hanno assediato la frontiera di Tapachula, da dove nell’ultimo mese sono passati più di duemila migranti. La presenza di cubani alla frontiera è una sfida per la Chiesa e per le istituzioni preposte alla tutela dei migranti. La stazione migratoria “Siglo XXI” non ce la fa ad assisterli tutti», ha detto Cañaveral Pérez al nostro giornale. Ha aggiunto il religioso: «Dobbiamo anche controllare gli alberghi e le autorità che gestiscono queste strutture, perché chiedono 60 dollari a notte ai cubani; e i tassisti per il percorso dalla stazione migratoria al centro chiedono 50 dollari. Anche i pullmini che circolano di notte chiedono fino a quattro, cinque dollari. Esiste quindi già una rete attiva di sfruttamento di questi migranti. Di fatto i cubani sono visti come una sorta di bancomat e, per l’esperienza che ho acquisito lavorando con loro, so che non hanno dollari, hanno mezzi limitati, chiedono ai familiari di pagare i loro biglietti», ha aggiunto Padre Cañaveral Pérez. Al di fuori dalla stazione migratoria «le donne e gli uomini cubani possono facilmente diventare vittime dello sfruttamento, della tratta di persone e della prostituzione, per la loro condizione di vulnerabilità; sebbene cerchino di restare uniti nel bisogno, possono comunque ritrovarsi in queste realtà».
La Chiesa locale ha ospitato in alberghi della zona 1200 cubani. Altri, ha spiegato il religioso, «dormono nella cappella, ma non ci sono più posti disponibili». «Così come abbiamo una migrazione di cubani e messicani verso gli Stati Uniti, abbiamo anche una migrazione interna dalla campagna verso le grandi città alla ricerca di un lavoro, e anche migrazioni interne dovute alla situazione di insicurezza e di violenza generata dal crimine organizzato, che obbliga la popolazione a cercare un altro luogo per vivere, nello stesso Stato o all’estero».
Un altro fenomeno in crescita è quello dei migranti stagionali, «che arrivano nel Chiapas per essere impiegati nelle coltivazioni di banane, per la raccolta del caffè o il taglio della canna da zucchero, oltre alle collaboratrici domestiche che lavoravano a Tapachula. Stiamo assistendo a una migrazione di massa di centroamericani senza documenti a causa della situazione sociale, delle catastrofi naturali, come l’uragano Mitch, e della costante instabilità economica di alcuni Paesi», ha aggiunto il religioso. Come Chiesa, dunque, «dobbiamo ripensare la nostra evangelizzazione verso i migranti, poiché l’evangelizzazione riguarda l’uomo, riguarda l’essere umano, in carne e ossa. Grazie a Dio abbiamo un Papa che sta dando impulso a questo spirito umanitario. La forma stessa con cui ci si avvicina ai poveri non è un’opzione. Non sto optando per il povero. Ricordiamo che il primo viaggio pastorale fuori dalla diocesi di Roma di Papa Francesco è stato il viaggio alla periferia estrema dell’Europa, all’anelata “porta” per migliaia di immigranti vittime di trafficanti di uomini; non poteva essere più emblematico di ciò che Francesco è e rappresenta per la Chiesa e il mondo». In un pianeta «sempre più globalizzato, gli spostamenti dei credenti e dei non credenti, a livello sia nazionale sia internazionale, esigono dalla Chiesa maggiore creatività per uno sviluppo strutturale flessibile e interconnesso, e tale sviluppo richiede una “pastorale senza frontiere”, una nuova evangelizzazione», ha concluso il religioso.