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Agi
(Salvatore Izzo) "Ci sono stati tempi brutti fra noi, cattolici e luterani. Pensate alle  persecuzioni fra noi che abbiamo lo stesso battesimo. Dobbiamo chiederci  perdono per questo, perdono dello scandalo della divisione". È stato  questo il nuovo "mea culpa" pronunciato da Papa Francesco nell'omelia -  completamente a braccio - tenuta nella chiesa luterana di via Sicilia a  Roma, dove si è recato sulle orme dei predecessori San Giovanni Paolo II  e Benedetto XVI. Nel corso della visita, il tema che ha tenuto banco è  stato quello dell'intercomunione, cioè della possibilità dei fedeli di  confessioni diverse, di fare la comunione insieme. Cattolici e luterani  ancora non hanno questa possibilità e il Papa ha detto di non poter dare  una risposta definitiva, cioè il permesso di farla. Ma che questa  risposta “si può chiederla al Signore”.
Fin dal suo saluto iniziale a Francesco, il pastore Jens Martin Kruse,  che guida la comunità luterana di Roma, ha evocato il tema  dell'intercomunione parlando di "persone che debbono soffrire per il  fatto che le chiese sono ancora divise". Poi piu' esplicitamente ne ha  parlato una giovane donna sposa di un cattolico, chiedendo al Papa cosa  può fare per venire in loro aiuto. "Cosa possiamo fare per raggiungere  questa intercomunione non lo so", ha esordito Bergoglio, ammettendo:
 "non è facile per me rispondere al quesito. Soprattutto davanti a un  teologo come il cardinale Kasper, ho paura. Ma penso - ha aggiunto - che  il Signore ci ha detto 'fate questo in memoria di me’. Quindi quando  condividiamo la cena ricordiamo e imitiamo, facciamo lo stesso che ha  detto Lui". "La cena del Signore - ha poi ripreso - ci sarà  l'ultimo  giorno nella nuova Gerusalemme. Ma nel cammino - ha scandito - mi domando: la comunione è il fine o il viatico per camminare insieme?
 Lascio la domanda ai teologi e a quelli che capiscono". Non soddisfatto  della risposta, poi Francesco è tornato al suo ragionamento: "è vero -  ha osservato - che condividere è dire che non ci sono differenze, che  abbiamo la stessa dottrina, parola difficile. Ma io mi domando: ma non  abbiamo lo stesso battesimo? E allora non dobbiamo camminare insieme?
Signora, lei è testimone di un cammino coniugale, profondo, di amore  umano, di fede condivisa: abbiamo lo stesso battesimo. Si sente  peccatrice e anch'io  mi sento peccatore. Lei chiede perdono e suo  marito cattolico fa lo stesso, e va dal sacerdote e chiede  l'assoluzione. Sono rimedi per mantenere vivo il battesimo. Quando  pregate insieme questo battesinmo cresce, rimane forte, quando spiegate  il Vangelo ai vostri figli fate lo stesso sia in lingua luterana che  cattolica".
 "La cena? Ci sono domande - ha confidato allora Bergoglio - alle quali  uno solo se è sincero con se stesso può rispondere. Dire 'questo è il  mio corpo, questo è il mio sangue’ è un viatico che ci aiuta a  camminare". Lei si chiede: 'come posso fare con mio marito, perché la  cena del Signore mi accompagni per la mia strada?’. È un problema al  quale ognuno deve rispondere, ma mi diceva un vescovo episcopaliano mio  amico (che la domenica accompagnava la moglie cattolica e i loro figli a  messa prima di andare a presiedere il culto): 'noi crediamo che è  presente, ed è presente, quale la differenza? Spiegazioni e  interpretazioni'. Ma la vita - ha continuato il Pontefice presentando  sommessamente il suo pensiero - è piu' grande delle spiegazioni e delle  interpretazioni. Abbiamo in comune una fede, un battesimo, un Signore.
 Io non oserò darvi il permesso, non è competenza mia. Parlate con il  Signore. Non oso dire di piu'".
 "Mi piace - ha confidato - pensare che il Signore sia il servo  dell'unità, che ci aiuti a camminare insieme, a pregare insieme,  lavorare insieme, amarci insieme con amore di fratelli". Bergoglio ha  anche ipotizzato un'obiezione a questa sua speranza: "Ma padre siamo  diversi, i nostri libri sono diversi, dicono cose diverse...". "Rispondo - ha detto - con le parole di un grande luterano: 'è l'ora della  diversità riconciliata nel Signore, nel servo di Jahve venuto da noi  perchè siano rimossi tutti gli ostacoli".
"Su piccola scala - ha commentato il pastore Kruse - si vede quel  che vale per l’universalità. Questo non è solo un bel momento: è vero e  reale. Ci infonde coraggio e forza per proseguire questo cammino".
Parigi: Papa, non costruire muri ma pregare e servire
"Anche a Parigi abbiamo visto cuori chiusi, e  anche il nome di Dio viene usato per chiudere i cuori. Che fare? Parlare  chiaro, pregare e servire". Papa Francesco ha evocato con queste parole  la tragedia degli attacchi terroristici in una conversazione spontanea  con i fedeli della chiesa luterana di Roma, dove si è recato oggi  pomeriggio in occasione del V centenario di Martin Lutero. "L'uomo - ha  sottolineato - dal primo momento, se leggiamo le Scritture è un grande  costruttore di muri, dalle prime pagine della Genesi vediamo questo".
 Secondo il Papa "c'è una fantasia dietro i muri umani: diventare come  Dio. La Torre di  Babele è proprio l'atteggiamento di dire: 'noi siamo i potenti, voi  fuori. C'è la superbia del potere nell'atteggiamento proposto nelle  prime pagine della Genesi  sarete come Dio, per escludere si va in questa linea".
 "Sostenendo le giovani madri voi - ha riconosciuto Bergoglio  rispondendo alle domande dei luterani che gli hanno parlato anche delle  loro attività sociali - non fate muri, fate servizio. Invece ricchezza,  vanità, orgoglio diventano un muro davanti al Signore. L'egoismo umano  si vuole difendere, ma in quel difendersi si allontana dalla fonte di  ricchezza i muri alla fine sono come un suicidio. Ti chiudono. È una  cosa brutta vedere il cuore chiuso".
 "Nel giorno del Giudizio - ha continuato Francesco nella chiesa  luterana di Roma - non ti sarà chiesto se sei andato a messa, ma se la  tua vita l'avrai usata per fare muri o per servire. Tutti noi  battezzati, luterani e cattolici, siamo in questa scelta: il sevizio,  l'essere servo".
 Scherzando sulla nazionalità dell'economa della comunità luterana di  Roma, Francesco ha poi continuato: "Lei essendo svizzera e essendo la  tesoriera ha tutto il potere in mano. Ma mi chiede cosa fare per aiutare  di piu'. La parola che mi viene spontanea è: servizio, fatti ultimo,  lava i piedi, mettiti a  servizio degli altri. dei fratelli e sorelle,  dei piu' bisognosi".
In proposito, Bergoglio ha evocato Madre Teresa di Calcutta e gli  enormi sforzi che compiva solo per offrire un letto e il conforto ai  moribondi, solo per farli morire piu' dignitosamente, a 3 o 4 giorni  dalla morte, "un goccio d'acqua nel mare, ma - ha detto - dopo questo,  il mare non è lo stesso". Sulla centralità della persona, che va sempre  difesa, il Papa ha anche citato un episodio della tradizione ebraica,  quello degli operai che cadevano nella costruzione della Torre di Babele  ma ci si preoccupava piu' dei costosi mattoni che si distruggevano che  della loro vita.
Papa: amo fare il parroco, stare con i bimbi e i carcerati
"Per me fare il Papa è fare il parroco, il  pastore:  se no un Papa sarà una persona intelligente e importante e  avrà influsso ma penso che non è felice". Sono parole di Papa Francesco  nel dialogo con un bambino luterano, nella chiesa protestante di via  Sicilia, dove abbandonando ogni protocollo Bergoglio ha accettato di  rispondere in modo spontaneo ad alcune domande. E il piccolo allora gli  ha chiesto: "cosa gli piace di piu' nel fare il Papa?". "La risposta -  ha replicato Bergoglio con una battuta - è semplice, se ti chiedo cosa  ti piace del pasto, tu mi rispondi 'la torta, no?'. Ma bisogna mangiare  tutto". Poi il Pontefice ha spiegato la sua metafora: "mi piace fare il  parroco, il pastore, non mi piace il lavoro da burocrate, nè le  interviste protocollari, ma questa non è protocollare è familiare. Ma  devi farli".
 "La cosa che mi piace fare - ha confidato il Papa - è il servizio: mi  sento bene quando visito gli ammalati o parlo con le persone disperate e  tristi, amo tanto andare in carcere, parlare con i carcerati. Ogni volta  che vado a trovarli mi chiedo: 'perchè loro e io no?'. E sento la  salvezza di Gesu': Lui mi ha salvato. Non sono meno peccatore di loro,  ma il Signore mi ha preso mano".
 Francesco ha ricordato . In questa risposta al bambino - anche la sua  esperienza a Cordoba, in Argentina, dove, ha detto, "dovevo fare il  parroco, mentre ero rettore della facoltà di teologia e mi piaceva  insegnare il catechismo ai bambini,  e la domenica fare la messa con loro. Erano 250 ed era difficile  tenerli tutti in silenzio, ma il dialogo con  i bambini mi piace perchè,  tu ragazzo forse mi capirai, voi siete concreti non fate domande  teoriche sull'aria...
 A fare il parroco e a stare con i bambini si impara tanto". "Per questo - ha quindi concluso - voglio fare il Papa con lo stile del parroco".