Italia
La scelta del capoluogo toscano. Nella città di La Pira e don Milani. Firenze, simbolo della svolta.
Il Solo 24 Ore
La scelta del capoluogo toscano. Nella città di La Pira e don Milani. Firenze, simbolo della svolta.
Il Solo 24 Ore
(Carlo Marroni) Se nel pontificato di Francesco c' è una traccia da seguire in ogni suo atto, gesto o discorso quella è la misericordia. E a meno di un mese dall' inizio del Giubileo il papa argentino è andato a Firenze, dove la misericordia da "ospedale da campo", quella che tocca la gente, è spuntata per la prima volta nella storia. Risale al 1244 la nascita della Venerabile Arciconfraternita, istituzione storica della Chiesa tuttora centrale nella vita del capoluogo, come lo è delle città toscane.
Un presenza di prossimità verso i poveri, che dalle periferie medioevali è arrivata a quelle dei nostri giorni e rappresenta ancora un esempio quotidiano di volontariato e buona sanità. La svolta impressa dal Papa all' agenda della Chiesa italiana ha anche un alto dato simbolico: Firenze è la città di Giorgio La Pira e soprattutto di don Lorenzo Milani. Con il priore di Barbiana tanti sono i tratti comuni con il Papa, e lui stesso li ha colti certificando la completa riabilitazione del sacerdote, arrivata solamente meno di due anni fa dopo la condanna curiale per il suo fondamentale Esperienze Pastorali. Con il discorso di ieri in cattedrale il pontefice ha chiuso una stagione della Cei iniziata un trentennio fa, e che ha visto lo scorrere di un periodo storico di prossimità egemonica alla politica che collideva con gli impulsi conciliari, di cui don Milani era stato testimone sul campo. Ecco allora come Bergoglio, guidato dalla misericordia, riannoda i fili di una pastorale che sembrava ormai relegata agli anni duri del dopoguerra, della povera gente dei paesi sperduti, degli operai sfruttati: di quella ha parlato ieri a Prato, citando i sette cittadini cinesi morti in un rogo dove la dignità del lavoro non era mai entrata. Quindi a Firenze la storia italiana (talvolta un po' strumentalizzata) fa da sfondo ad un momento decisivo del pontificato, anche se la storia d' oggi fa fatica a procedere. E viene da domandarsi perché di don Milani - indirettamente richiamato ieri dal papa in un passaggio del discorso, quando sollecita i giovani ad impegnarsi nel dialogo sociale e politico - non viene avviato il processo di beatificazione.
Un presenza di prossimità verso i poveri, che dalle periferie medioevali è arrivata a quelle dei nostri giorni e rappresenta ancora un esempio quotidiano di volontariato e buona sanità. La svolta impressa dal Papa all' agenda della Chiesa italiana ha anche un alto dato simbolico: Firenze è la città di Giorgio La Pira e soprattutto di don Lorenzo Milani. Con il priore di Barbiana tanti sono i tratti comuni con il Papa, e lui stesso li ha colti certificando la completa riabilitazione del sacerdote, arrivata solamente meno di due anni fa dopo la condanna curiale per il suo fondamentale Esperienze Pastorali. Con il discorso di ieri in cattedrale il pontefice ha chiuso una stagione della Cei iniziata un trentennio fa, e che ha visto lo scorrere di un periodo storico di prossimità egemonica alla politica che collideva con gli impulsi conciliari, di cui don Milani era stato testimone sul campo. Ecco allora come Bergoglio, guidato dalla misericordia, riannoda i fili di una pastorale che sembrava ormai relegata agli anni duri del dopoguerra, della povera gente dei paesi sperduti, degli operai sfruttati: di quella ha parlato ieri a Prato, citando i sette cittadini cinesi morti in un rogo dove la dignità del lavoro non era mai entrata. Quindi a Firenze la storia italiana (talvolta un po' strumentalizzata) fa da sfondo ad un momento decisivo del pontificato, anche se la storia d' oggi fa fatica a procedere. E viene da domandarsi perché di don Milani - indirettamente richiamato ieri dal papa in un passaggio del discorso, quando sollecita i giovani ad impegnarsi nel dialogo sociale e politico - non viene avviato il processo di beatificazione.