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Italia
Il bacione di Firenze
L'Osservatore Romano 
(Nicola Gori) «La porti un bacione a Firenze» cantava nei primi decenni del secolo scorso il fiorentino Carlo Buti. Ma questa volta il capoluogo toscano il “bacione” l’ha riservato interamente a Papa Francesco, venuto in visita nella città che ospita il quinto convegno ecclesiale italiano.
Nello stadio comunale Artemio Franchi, martedì pomeriggio, 10 novembre, in un clima di festa come per le grandi partite di calcio, alla presenza di oltre 55.000 persone, la città e l’arcidiocesi hanno manifestato tutto il loro affetto per il Pontefice. Fazzoletti rossi, bianchi e gialli al collo delle centinaia di bambini e di ragazzi delle scuole, degli scout e delle associazioni laicali componevano una scenografia unica, che aveva per sfondo il cielo terso e soleggiato, con il panorama delle colline di Fiesole, da una parte, e i palazzi sui quali svettava la cupola della cattedrale, dall’altra.
Nel campo e sugli spalti, con cori da tifo sportivo, tutte le componenti della società civile e della comunità ecclesiale erano rappresentate. Lo erano anche idealmente i detenuti del carcere di Sollicciano che hanno realizzato l’altare in legno sul quale il Papa ha celebrato la messa. Disegnato dall’architetto Riccardo Damiani, l’altare voleva ricordare il battistero. Nei riquadri geometrici bianchi con cornici verdi il rimando al «bel San Giovanni» cantato da Dante è evidente. «Il coinvolgimento dei detenuti del carcere — ha spiegato il cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze — viene espresso dalle colonnine che segnano i riquadri, staccate dal fondo quasi a formare un’inferriata. Nel riquadro centrale è effigiata una croce, con cui si viene a collocare il Cristo tra l’umanità sofferente, alla quale appartengono anche i reclusi».
L’ambone per le letture è stato realizzato in legno dai ragazzi del progetto Villa Lorenzi, un’associazione che si propone di offrire risposte al disagio di minori, di giovani e delle loro famiglie a livello di prevenzione e di recupero. Riproponeva il disegno dell’altare: i due lati formati dai riquadri ispirati ai disegni e alle cromie del battistero sono interrotti sul davanti da uno sperone di legno che richiama quello della sede, a rievocare il significato biblico della parola di Dio come spada a doppio taglio che incide sull’esistenza dell’uomo.
Tutto parlava di arte e di fede nel palco collocato a ridosso della curva Fiesole, dove il Papa ha presieduto la messa, concelebrata dai cardinali Betori, Bagnasco, Vallini, Sepe, Scola, Menichelli, Montenegro, Bassetti, Romeo e Poletto, da 240 presuli (tra i quali gli arcivescovi Becciu, sostituto della Segreteria di Stato, Gänswein, prefetto della Casa Pontificia, e Nosiglia, e il vescovo Galantino, segretario generale della Conferenza episcopale italiana), da 1400 sacerdoti, tra i quali monsignor Viganò, prefetto della segreteria per la comunicazione, e da duecento religiosi. Erano presenti oltre quattrocento ministri straordinari dell’Eucaristia e i 2500 delegati delle diocesi italiane che partecipano al convegno ecclesiale nazionale, che si conclude venerdì 13 novembre.
Durante la preghiera per i fedeli, nella memoria di san Leone magno, sono state elevate intenzioni per il Pontefice, per la Chiesa in Italia, per la città di Firenze, per tutti coloro che hanno responsabilità nella vita sociale e politica del Paese, per chi soffre, chi è perseguitato a causa della fede, e per i popoli segnati dalla guerra e dalla violenza.
Tra le personalità, il presidente della Regione, Enrico Rossi, il sindaco di Firenze, Dario Nardella, il direttore del nostro giornale.
Papa Francesco durante la liturgia ha utilizzato la sede conservata nella cattedrale di Santa Maria del Fiore. Si tratta di un’opera lignea quattrocentesca, di forme rinascimentali, che la tradizione vuole sia stata usata da sant’Antonino Pierozzi (1389-1459), arcivescovo di Firenze. Sul palco sono state esposte anche due opere d’arte: un crocifisso trecentesco attribuibile alla cerchia dell’Orcagna e L’Annunciazione, opera in terracotta di Antonio Berti del 1946, realizzata come immagine per un tabernacolo per il paese natale dell’artista, San Piero a Sieve. Per la messa sono state usate suppellettili storiche, come il calice in argento — dove sono raffigurati i simboli eucaristici delle spighe di grano e del grappolo d’uva — appartenuto all’arcivescovo di Firenze Leone Strozzi (1700-1703).
Il camice usato dal Papa è stato realizzato dalla madre di un giovane prete fiorentino sul modello di quello che Paolo VI indossò proprio a Firenze nella messa da lui celebrata nella cattedrale nella notte di Natale del 1966. La tovaglia dell’altare è stata confezionata da una signora fiorentina con del filet dell’Ottocento. I canti della messa sono stati eseguiti dall’orchestra e dal coro del Maggio musicale fiorentino, diretti da Lorenzo Fratini, e dai cori della cattedrale e delle parrocchie fiorentine, diretti da Michele Manganelli, accompagnati all’organo da Daniele Dori.
L'Osservatore Romano, 12 novembre 2015.