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Italia
Aperto il quinto convegno ecclesiale italiano. A Firenze con stile sinodale
L'Osservatore Romano
«Non ci sarebbero più pagani se ci comportassimo da veri cristiani». Parole di san Giovanni Crisostomo riprese dall’arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia, che nel pomeriggio di oggi inaugura a Firenze il quinto convegno ecclesiale nazionale. Appuntamento centrale per la Chiesa che è in Italia, che per cinque giorni, fino a venerdì 13, vedrà accesi i riflettori sul capoluogo toscano. E che, come è noto, vivrà domani, martedì, il suo momento più alto con l’intervento di Papa Francesco, una visita attesa — rileva nella prolusione il presule presidente del comitato organizzatore — quale «occasione per impostare con coraggio una conversione pastorale e missionaria che orienti il cammino delle nostre Chiese nei prossimi anni».
Questione di testimonianza cristiana, dunque, per tornare alla citazione del santo dottore della Chiesa, che ben si associa al tema scelto per l’evento: «In Gesù Cristo il nuovo umanesimo». «Il nuovo umanesimo — osserva Nosiglia — ha le sue radici prima di tutto nei nostri cuori, nell’esperienza contagiosa di Gesù Cristo che viviamo insieme con gioia e fraternità nell’ascolto della sua Parola, nell’Eucaristia e nella testimonianza in ogni ambito e ambiente di vita». Tuttavia, proprio la testimonianza cristiana sollecita l’inesausta ricerca di uno stile che ne sia all’altezza e che trova il modello ideale proprio nello stile sinodale delle prime comunità di battezzati. «Non siamo infatti qui — ha ribadito il presule — per predisporre dei piani pastorali, né per scambiarci informazioni, neppure per partecipare a dotte conferenze o a un corso di aggiornamento: siamo qui per inaugurare uno stile. Lo stile sinodale deve accompagnare il lavoro di questi giorni e sarebbe già un grande risultato se da Firenze la sinodalità divenisse lo stile di ogni comunità ecclesiale».
In questo ottica i convegnisti, delegati delle Chiese particolari italiane, si accingono ad ascoltare «il grido dell’umanità ferita che a noi giunge dalle tante “periferie esistenziali”: la frontiera drammatica dell’immigrazione, la frontiera sempre più tragica delle povertà anche a causa della crisi economica e occupazionale, la frontiera delicata dell’emergenza educativa». Tutte realtà che reclamano che «cammino di fede e cammino ecclesiale diventino vie o almeno sentieri di umanizzazione non da declinare in prospettiva intellettuale, bensì esistenziale». Per far ciò è necessario, come ricordato tante volte da Papa Francesco, «che la nostra riflessione si ispiri a un’autentica “cultura dell’incontro” e che la nostra teologia sappia abitare le frontiere e farsi carico dei conflitti». E quindi, ha rilevato Nosiglia, se con l’indicazione delle cinque “vie” congressuali — uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare — l’appuntamento di Firenze si pone in continuità con quello del 2006 a Verona, i «criteri della concretezza ed essenzialità che Papa Francesco ci ha indicato» invitano a non restare sulle linee generali, ma a scendere «nel vissuto delle persone e delle fatiche e problemi che esse debbono affrontare». Di qui, da parte di Nosiglia, l’indicazione di alcune aree di impegno. In primo luogo, la famiglia che «ha bisogno di una accoglienza compassionevole e di un accompagnamento e sostegno della sua esistenza, sia sotto il profilo spirituale che sociale, sottoposta com’è alla forte colonizzazione culturale e ideologica dominante». A ciò si agganciano la sfida educativa riguardante i giovani, il grande tema del lavoro, la difesa dei poveri di fronte al predominio dell’ideologia dello scarto, l’emergenza ambientale così connessa alle questioni etiche e della giustizia.
L'Osservatore Romano, 10 novembre 2015.