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(Uganda, 2 agosto 1969) 
Figli carissimi, Gioventù cristiana dell’Uganda!
E voi, venerati Fratelli Vescovi e Sacerdoti!
Voi, Religiosi e Religiose, Catechisti e Laici di Azione Cattolica!
Voi, Fratelli Cristiani d’ogni denominazione!
Voi, Autorità civili qui presenti, che particolarmente ringraziamo della cortese accoglienza e della vostra onorifica assistenza!
Siate tutti salutati e benedetti!
Sappiate tutti che vi teniamo presenti nella nostra preghiera in questo santo rito!

E tutta l’Africa noi consideriamo in questo momento simbolicamente partecipe alla sacra cerimonia, perché tutta l’Africa noi la vogliamo offrire a Cristo, per la sua prosperità, per la sua pace, per la sua salvezza!
A questi giovani, a questi catecumeni, a questi fanciulli, come segni dell’Africa nuova, noi rivolgiamo ora, in modo speciale, questo breve discorso.
A voi, figli carissimi, ora io domando:
- Perché sono venuto in Africa, nell’Uganda, fino qua a Namugongo?
Sono venuto per rendere onore ai vostri martiri. Qui sorge un Santuario a gloria del Signore in loro memoria; e io ho voluto venire da Roma per benedire l’altare di questo Santuario. La mia intenzione è di venerare, con questo atto, anche tutti gli altri cristiani che hanno dato la loro vita per la fede cattolica in Africa, qui e dappertutto.
- Ma perché, voi mi domanderete, si devono onorare i Martiri?
Vi rispondo: perché essi hanno compiuto l’azione più eroica, e quindi più grande e più bella; essi hanno dato, come vi dicevo, la loro vita per la loro fede, e cioè per la loro religione e per la libertà della loro coscienza. Essi sono così i nostri campioni, i nostri eroi, i nostri maestri. Essi ci insegnano come devono essere i cristiani. Ascoltatemi: un cristiano deve essere vile? deve avere paura ? deve tradire la propria fede? No! non è vero? I vostri Martiri c’insegnano come devono essere i veri cristiani, quelli giovani specialmente, quelli Africani. I cristiani devono essere coraggiosi, devono essere forti, devono essere, come scriveva San Pietro, «forti nella fede» (1 Pt. 5, 9).
I vostri Martiri ci insegnano quanto vale la fede!
- La fede, voi mi domandate, vale più della vita?
Sì, la fede vale più della nostra vita presente, che è una vita mortale, mentre la fede è il principio della vita immortale e felice, cioè della vita di Dio in noi. Sapete voi questa importantissima verità? Sì, voi mi rispondete, perché avete imparato che la fede è l’adesione alla Parola di Dio; e chi accetta la Parola di Dio comincia a vivere di Dio stesso.
- Basta la fede per essere vivi in Dio e per essere salvati? voi mi potreste chiedere.
Ma voi conoscete il vostro catechismo: la fede è necessaria, ma non sufficiente; con la fede occorre la grazia, occorre lo Spirito Santo, occorre il sacramento, il grande sacramento che ci fa cristiani, il battesimo; e poi occorrono anche gli altri sacramenti, che ci fanno vivere come figli di Dio, come fratelli di Cristo, come tabernacoli dello Spirito Santo; ci fanno buoni e santi, ci fanno membri della Chiesa, ci fanno meritevoli del Paradiso. Il sacramento dell’Eucaristia, fra tutti i Sacramenti il più misterioso, ma anche il più santo, il più vivificante, ci dà Gesù Cristo stesso: sacrificandosi per noi, si è fatto pane vivo per le nostre anime.
- Dunque, voi potete dire, è molto bello essere cristiani?
Sì, figli carissimi, è molto, molto bello. Io vorrei che questo pensiero restasse impresso nella vostra memoria, anzi nella vostra coscienza, per sempre: è molto bello essere cristiani. Ma fate attenzione. È molto bello, ma non è sempre facile. Guardate i vostri Martiri. Per la loro fedeltà a Cristo essi hanno dovuto soffrire. Chi è cristiano deve vivere secondo la propria fede; e allora può capitare che questa coerenza alla fede esiga sacrificio; alcune volte esige grandi sacrifici, ma più spesso esige solo tanti sacrifici piccoli e frequenti, ma sacrifici cari e pieni di vigore nobile e virile che rendono forte e virtuosa la vita, la conservano pura e onesta, la rendono sempre rivolta all’amore; all’amore di Dio, ch’è la prima cosa che dobbiamo fare; e poi all’amore degli altri uomini, di quelli che ci sono più vicini specialmente, e sono il nostro prossimo, e all’amore poi di tutte le persone umane, buone e cattive, vicine o lontane.
- Allora, voi ancora mi chiedete, essere cristiano è importante anche per la vita presente, perché ci obbliga a voler bene a tutti, e a far del bene a tutta la società?
roprio tosi, vi rispondo. La vita cristiana ha una grande importanza anche per questa vita terrena; ha importanza per tutta l’attività umana, per tutta la convivenza sociale: per la famiglia, per la scuola, per il lavoro, per la pace fra tutte le classi sociali, fra le tribù, fra le nazioni; e promuove il bene dappertutto: vuole la libertà, vuole la giustizia; si occupa dei deboli, dei poveri, dei sofferenti, e anche dei nemici, anche dei defunti; la vita cristiana, quando davvero porta Cristo nel cuore è come una fontana di bontà e di amore, che diffonde il bene d’intorno a sé (cf. Io. 4, 14).
Mi fate forse un’ultima domanda, che è questa:
- Come si fa a vivere bene la nostra fede cristiana?
Ecco, io riassumo così le tante cose che vorrei dirvi:
Primo: amate molto Gesù Cristo; cercate di conoscerlo bene, state uniti a Lui, abbiate in Lui molta fede e molta fiducia. Secondo: siate fedeli alla Chiesa, pregate con lei, amatela, diffondetela, siate sempre pronti, come i nostri Martiri, a darle franca testimonianza. Terzo: siate forti e coraggiosi; siate contenti, siate lieti e siate allegri, sempre! Perché la vita cristiana, ricordatelo, è molto bella! (cf. Phil. 4, 4).
Discorso di Paolo VI al termine del Pellegrinaggio in Uganda
Vatican.va
(Sabato, 2 agosto 1969) Al termine del pellegrinaggio che Ci ha riportati, dopo alcuni anni, in terra d’Africa, abbiamo il piacere di soffermarCi un attimo, dopo aver posto piede sul suolo italiano, per rispondere alla attestazione di omaggio e di affetto, che Ci è stata offerta con gesto tanto spontaneo e generoso. La ringraziamo, Signor Presidente, della sua presenza qui, La ringraziamo delle sue nobili parole, con cui ha sottolineato il valore del Nostro viaggio: e ringraziamo, con Lei, le Personalità del Governo, del Parlamento, delle Forze Armate che Le fanno corona, come ringraziamo tutti i presenti, e in primo luogo i Cardinali e i Vescovi, i quali, col loro filiale cortese entusiasmo, fanno a Noi sentire più viva la gioia del Nostro ritorno.
Un atto di tanta cortesia, espresso a questa ora notturna, acquista un valore che sappiamo apprezzare, specialmente in chi è obbligato dalle sue occupazioni o dalle sue abitudini a calcolare l’economia del tempo. Non è questo il momento di diffonderci sulle impressioni del Nostro viaggio. Diremo soltanto che esse sono state vivissime e felicissime. Sotto l’aspetto religioso e missionario, innanzi tutto. Il Signore ha benedetto, ancora una volta, il Nostro viaggio. Una notissima, ma icastica e antica parola, quella di Tertulliano, Ci è stata continuamente presente nello spirito, vedendola realizzata con efficacia storica e spirituale meravigliosa: Sanguis Martyrum semen est Christianorum.
Veramente la fecondità dei Martiri che siamo andati a venerare in Uganda ha dato frutti meravigliosi in quella terra magnifica, aggiungendo alle bellezze naturali la prodigiosa ricchezza di un popolo vivo, cosciente, cristiano, aperto alle espansioni della civiltà moderna e fedele ai tesori della propria tradizione etnica ed umana. Bellissimo fenomeno che lascia presagire sviluppi spirituali, culturali, sociali? civili di grandi dimensioni, e che fa pensare, se ancora ve ne fosse bisogno, alle necessità e alla potenza del sacrificio personale, di quello missionario in ispecie, per dare origine a fatti umani di ampiezza storica e sociale di immensa portata.
Poi Noi abbiamo incontrato un’atmosfera piena di voci e di effusioni assai consolanti, e cioè respirante propositi di lavoro, di concordia e di pace. Il volto dell’Uganda, a questo proposito, Ci si è mostrato quello di un Popolo già progredito sulle vie del civile progresso e della coscienza della propria missione di Nazione libera e laboriosa. Ne siamo rimasti grati e ammirati.
Nulla diciamo degli incontri di cui laggiù abbiamo avuto la fortuna di godere: quello dei Vescovi, si può dire, dell’Africa intera, quello di dignitari ecclesiastici e di esponenti di varie denominazioni religiose, quello di numerosi Capi di Stato e di personaggi rappresentativi. Crediamo di non illuderci dicendo che abbiamo incontrato, in sintesi, tutta l’Africa; e non possiamo, al Nostro arrivo, non rivoltarCi indietro per ripeterle il Nostro caloroso e beneaugurante saluto.
Ci sia consentito di riversare queste felici impressioni sul suolo sempre amatissimo di questo Paese, per augurare che, nella saggezza delle sue incomparabili tradizioni e nel fermento del suo pacifico rinnovamento, possa esso pure e come esso solo può fare, contribuire alla moderna civiltà con i suoi valori cristiani e civili.
Ai voti dia efficacia la Nostra benedizione.