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(a cura Redazione "Il sismografo")
(Luis Badilla) Per quanto può valere la nostra prima e sentita reazione di fronte alle stragi terroriste di poche ore fa a Parigi è una sola: grande costernazione, angoscia e soprattutto vicinanza sconfinata al popolo francese e agli abitanti della capitale. Ci sentiamo colpiti personalmente e ogni dolore e sofferenza, ogni lutto e disperazione di questa grande nobile nazione europea fa parte del nostro stato d'animo.
Occorre ora dare vita ad una sola reazione, monolitica, corale, fermissima: unità di tutti, senza però e senza ma, per condannare con fermezza le orrende strategie del terrore messe in essere da individui che con le proprie azioni si sono emarginati dalla convivenza civile e non possono essere considerati se non per quello che sono: criminali fuori dalla civiltà.
Non hanno nessuna ragione, nessuna, per agire in questo modo codardo e ripugnante, soprattutto quando la loro ferocia omicida prende come obiettivo persone innocenti, civili inerme, al grido di "Allah è grande". No! Questo non è Allah, non è Dio, e i primi che devono urlare questa verità sono i musulmani in nome dei quali i terroristi presumono di agire. Spetta a loro la prima decisa e chiara condanna come spetta ai popoli e nazioni sotto attacco una risposta adeguata in applicazione di un principio inderogabile: fare di tutto affinché l'aggressore non sia più in grado di nuocere. 
Nel gennaio scorso, dopo la strage terrorista a "Charlie Hebdo", Papa Francesco condannò "ogni forma di violenza, fisica e morale, che distrugge la vita umana, viola la dignità delle persone, mina radicalmente il bene fondamentale della convivenza pacifica fra le persone e i popoli, nonostante le differenze di nazionalità, di religione e di cultura". Il Papa poi aggiunse: "Qualunque possa esserne la motivazione, la violenza omicida è abominevole, non è mai giustificabile e la vita e la dignità di tutti vanno garantire e tutelate con decisione. Ogni istigazione all’odio va rifiutata, il rispetto dell’altro va coltivato". Parlando con i giornalisti sull'aereo che lo portava nelle Filippine il Papa è tornato sulla questione per sottolineare: "È una aberrazione uccidere in nome di Dio. (...) Non si può prendere in giro la fede. (...) C’è un limite, quello della dignità di ogni religione".
Il 21 settembre 2014 in Albania, il Santo Padre, davanti ai leader religiosi con riferimento al terrorismo che usa e abusa illegittimamente del nome di Dio disse: "Nessuno pensi di poter farsi scudo di Dio mentre progetta e compie atti di violenza e sopraffazione! Nessuno prenda a pretesto la religione per le proprie azioni contrarie alla dignità dell’uomo e ai suoi diritti fondamentali, in primo luogo quello alla vita ed alla libertà religiosa di tutti!"

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