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Brasile
In Brasile la beatificazione di Francisco de Paula Victor. Da schiavo a prete
L'Osservatore Romano
(Paolo Vilotta, Postulatore della causa) Francisco de Paula Victor aveva un sogno: diventare prete. Un sogno difficile da realizzare per il figlio di una schiava afro-americana nella società brasiliana degli inizi del diciannovesimo secolo. Ma quello che è impossibile agli uomini è possibile a Dio: non solo fu ordinato sacerdote, ma sabato 14 novembre viene proclamato beato. Nell’ex aeroporto di Três Pontas, nello stato di Minas Gerais, il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, presiederà il rito in rappresentanza del Papa.
Nato il 12 aprile del 1827 nella Vila da Campanha da Princesa, nello Stato sudorientale del Brasile, il Minas Gerais, era il figlio naturale della schiava nera Lourença Justiniana de Jesus. Ebbe come madrina di battesimo la padrona, Marianna de Santa Barbara Ferreira, e fu avviato al mestiere di sarto. All’epoca si era in pieno regime schiavista e agli schiavi non solo era proibito accedere a qualsiasi incarico pubblico sia civile sia ecclesiastico, ma persino di studiare. L’aspirazione alla vita sacerdotale di Victor ebbe una felice congiuntura nell’aiuto della madrina-padrona e nella determinazione del venerabile Antonio Ferreira Viçoso, vescovo di Mariana, convinto abolizionista.
Iniziato agli studi dal vecchio parroco di Campanha, don Antonio Felipe de Araujo, il giovane fu ammesso al seminario di Mariana, dove sopportò con pazienza l’ostilità e le discriminazioni degli altri compagni di studio, al punto da diventare loro servitore. Con la sua umiltà e determinazione alla fine li conquistò tutti. Superati con dispensa gli impedimenti canonici, il 14 giugno 1851 fu ordinato presbitero. Gran parte dei bianchi, tuttavia, non accettava che un ex schiavo nero potesse essere un prete, e rifiutava persino di ricevere da lui la comunione. Così quando il 18 giugno dell’anno successivo fu mandato a Três Pontas con l’incarico di vice-parroco, ci furono grande sconcerto e riserve tra la popolazione.
L’umiltà e la pazienza con il sostegno vigoroso di uno sconfinato amore a Gesù Cristo portarono Victor non solo a essere accettato ma addirittura a essere venerato dai suoi parrocchiani. Alla cura e guida delle anime aggiunse la costruzione del collegio Sacra Famiglia, in cui fu anche professore, per avviare agli studi poveri e ricchi, bianchi e neri. La carità lo contraddistinse in modo particolare, vivendo personalmente una povertà assoluta. Era di esempio non solo ai cittadini, ma soprattutto ai sacerdoti. L’amore di Dio che si esprimeva nell’amore del prossimo fu l’elemento centrale della sua vita. L’eredità spirituale e culturale lasciata da Victor costituisce la peculiarità di Três Pontas e dei territori limitrofi: sono tantissimi i fedeli che hanno una grande venerazione per lui, che è da molto tempo riconosciuto come il «santo delle cose impossibili».
Dopo oltre un cinquantennio come parroco di Três Pontas, Victor morì il 23 settembre del 1905. Ai funerali parteciparono migliaia di fedeli. Venne tumulato nella sua chiesa parrocchiale di Três Pontas, ancora oggi meta di pellegrinaggi.
L'Osservatore Romano, 14 novembre 2015.